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I Diabetici: non dimentichiamoci dei pazienti cronici in era Covid-19

L’attuale pandemia, causata dal virus SarsCoV-2, sta mettendo a dura prova tutto il sistema sanitario che è giustamente impegnato a contrastare un’ulteriore diffusione dell’infezione. Ma nonostante l’ardua e dura prova a cui ci sta sottoponendo il Covid-19, non ci si deve dimenticare di tutte le altre patologie, altrettanto severe, croniche e mortali.

I pazienti cronici oltre il Covid-19

Il contesto sanitario è certamente cambiato e la pandemia da SARS-CoV-2 ha avuto un impatto impressionante sui pazienti cronici e poli-cronici. E ciò non solo per i tassi molto più elevati di mortalità rispetto alle fasce della popolazione più giovane, ma anche per le difficoltà incontrate dai pazienti nell’accesso alle cure e nella continuità terapeutica.

Un vero e proprio “tsunami” che si è abbattuto sul nostro sistema sanitario, che da una parte prova a limitare i danni della pandemia, dall’altra crea un “deficit sanitario” pericolosissimo, una vera e propria bomba ad orologeria.

Chi ne paga le spese?

Senza dubbio tutti gli anziani e i malati cronici, che secondo una stima dell’istituto superiore della sanità (ISS), in Italia sono oltre i 14 milioni.

Sia chiaro, parliamo di stime e sebbene i contesti non siano uguali per tutta la penisola, è di dominio pubblico che le visite ambulatoriali sono venute meno, cosi come la conversione dei reparti in reparti Covid-19, con evidenti conseguenze a discapito dei pazienti cronici.  Tra i quali i pazienti diabetici, che essendo, il più delle volte, poli-cronici hanno la necessita di svolgere controlli regolari.

Ne parliamo con l’endocrinologa Maria Elena Malighetti

Chi ha vissuto e vive in prima persona l’attuale contesto è sicuramente la Dott.ssa Maria Elena Malighetti, specialista in patologie dell’apparato endocrino e del ricambio dal 1999.

Dottoressa Malighetti, innanzitutto grazie per il suo prezioso tempo concessomi. Ci parli brevemente del diabete.

«Il diabete mellito di tipo 2 rappresenta un disordine endocrino-metabolico molto diffuso e in progressiva crescita in tutto il mondo, sia nei Paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo.

A differenza del diabete tipo 1, che interessa circa il 5% della popolazione diabetica e che è una patologia autoimmune caratterizzata dalla distruzione delle betacellule pancreatiche, ossia le cellule che producono insulina, il diabete di tipo 2 è una sindrome complessa ad eziologia multifattoriale caratterizzato da iperglicemia cronica.
I due meccanismi fisiopatologici fondamentali alla base della patologia sono caratterizzati da insulino-resistenza a cui segue, in un secondo momento, un deficit, non assoluto, ma relativo, di insulina da parte delle cellule β-pancreatiche che non ne producono più a sufficienza per contrastare l’insulino-resistenza. In realtà nell’eziologia del diabete tipo 2 intervengono altre alterazioni che coinvolgono diversi organi (fegato, rene, muscolo, tessuto adiposo, intestino). Fortunatamente, molte interazioni, sono state identificate e hanno permesso di identificare nuovi farmaci in grado di intervenire sui diversi fattori responsabili, ottimizzando le terapie.

Sicuramente nel diabete di tipo 2 gioca un ruolo importante la genetica: diversi studi epidemiologici dimostrano come vi sia un aumentato rischio di sviluppare la malattia nei soggetti con familiarità per il diabete di tipo 2.

Se poi un soggetto geneticamente predisposto non segue un adeguato stile di vita basato su una corretta alimentazione e attività fisica, la probabilità di sviluppare il diabete risulta francamente elevata».

Qual’è il quadro tipico di un paziente affetto da diabete di tipo 2?

«Dal punto di vista clinico, a differenza del diabete di tipo 1, quello di tipo 2 non ha un esordio brusco ed improvviso. In genere ha un’insorgenza subdola, lenta e progressiva, tant’è che spesso la diagnosi di diabete mellito di tipo 2 viene fatta occasionalmente in seguito ad esami effettuati di routine.

Un sintomo frequentemente riferito, ma non necessariamente presente soprattutto nei casi non scompensati, è la poliuria: il soggetto lamenta di dover urinare spesso e soprattutto di notte. Questo sintomo è conseguente all’aumento di glucosio nel sangue che viene poi eliminato nelle urine (glicosuria). A livello renale superata la soglia di 180 mg/dl di glicemia, il rene non riesce a riassorbire il glucosio e lo elimina attraverso le urine, per effetto osmotico richiama acqua e conseguentemente aumenta la produzione di urina.

Associata alla poliuria, altro sintomo che può essere presente all’esordio del diabete mellito è la polidipsia cioè un bisogno continuo di bere come meccanismo di compenso alla disidratazione  causata dalla poliuria. Altri sintomi sono astenia (stanchezza) e polifagia cioè il paziente tende a mangiare di più».

Qual’è la sua esperienza a partire dal primo lockdown?

«Dopo il primo lockdown, quando è stata concessa la riapertura degli ambulatori, ho iniziato ad assistere ad una continua processione di pazienti gravemente scompensati, come mai prima d’ora. Non si trattava di “miei” pazienti, cioè seguiti presso l’ambulatorio in cui presto servizio, quanto di tutti quei pazienti neo diagnosticati nei primi mesi del 2020, gennaio e febbraio per intenderci. Con il lockdown si sono ritrovati chiusi in casa dove restava poco da fare se non cucinare e mangiare, il tutto senza svolgere alcuna attività fisica. Chiaramente il peggioramento dei valori glicemici e non solo è stato il risultato naturale».

Come ha ritrovato il quadro clinico di questi neo pazienti cronici?

«Da quando esercito la mia professione non ho mai visitato così tanti pazienti con valori di emoglobina glicata, un marker molto importante che da’ indicazione del compenso glicemico degli ultimi tre mesi, così elevati. I valori di emoglobina glicata erano in media 300 mg/dl.

Ovviamente questa è la punta dell’iceberg, in quanto nasconde un mondo sommerso fatto di malessere aspecifico, irritabilità, scarsa capacità di concentrazione, ma soprattutto di complicanze sia a breve, ma per lo più a lungo termine, come cardiopatia ischemica e scompenso cardiaco (il diabete è la prima causa di scompenso cardiaco e viene considerato una vera e propria malattia cardiovascolare), nefropatia (principale causa di dialisi), retinopatia (prima causa di cecità nei paesi industrializzati) e piede diabetico».

Cosa si sente di dire a tutti i pazienti diabetici?

«Chiedo quindi con forza che il paziente non tema di recarsi in ambulatorio per svolgere una visita diabetologica se gli esami sono alterati, che non sottovaluti la patologia diabetica, di per se’ infida, subdola e asintomatica fino a quando provoca un danno irreversibile.

Noi diabetologi siamo pronti ad accogliervi in sicurezza ed a impostare le terapie cosiddette innovative atte a curare il diabete e a proteggervi dalle complicanze cardiorenali in particolare».

Quanto è importante l’aderenza terapeutica e l’auto controllo di questi pazienti, sopratutto in queso periodo pandemico?

«L’aderenza terapeutica è fondamentale sempre, ma ancora di più in questo difficile momento, durante il quale non sempre è possibile raggiungere il proprio specialista. Si tratta di un argomento che a me sta molto a cuore e su cui mi batto da tempo. Spesso capita che rispetto ad un risultato atteso in base alla scelta terapeutica da me effettuata, il paziente torni con esami non buoni. Indagando a fondo, oltre alla mancata adesione allo stile di vita (e per questo la bilancia è un mio grande alleato), il paziente confessa che ogni tanto non ha assunto le compresse oppure non ha somministrato correttamente il farmaco iniettivo. È importante fare comprendere al malato cronico che la sua patologia lo accompagnerà sempre e che sta a lui decidere se sarà una compagna silenziosa e innocua o fastidiosa e responsabile di problematiche su cui poi è difficile intervenire».

Si sente di dire qualcosa a proposito della campagna vaccinale?

«I vaccini sono la vera arma che abbiamo a disposizione per sconfiggere il virus e poter tornare a vivere. I malati cronici, in particolare i diabetici, sono più a rischio di contrarre l’infezione e spesso hanno una prognosi peggiore. Quindi raccomando a tutti la vaccinazione ed è per questo che ho accettato la chiamata dalla regione Lombardia per dare il mio piccolo contributo come medico vaccinatore. Ritengo personalmente che, cosi come lo scorso anno ho messo a disposizione il mio background da internista lavorando in reparto Covid-19, oggi debba aiutare l’intera popolazione ad uscire da questo incubo».

Grazie mille Dott.ssa Malighetti, le auguriamo buon lavoro.

«Grazie a te Gianluca».

 

A cura di

Dott.ssa Maria Elena Malighetti, specialista in Endocrinologia.
Dott. Gianluca Spanò, Founder di IL TUO FARMACISTA.

 

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