fbpx

Farmacisti al banco in epoca Covid

A due anni dal primo caso Covid in Italia e dall’istituzione della prima zona rossa nel nostro Paese, nella mia mente scorrono vivide le immagini di una vita quotidiana che abbiamo vissuto all’insegna della paura, dell’incertezza, dello sconforto e della solitudine. 

Il mio pensiero va a loro, ai miei colleghi farmacisti, a chi è fortunatamente ancora qui come me e soprattutto a chi oramai non c’è più. Trentadue anime nobili che hanno combattuto la pandemia insieme a noi finché hanno potuto, servendo la comunità.

Faccio fatica a riportare tutte le sensazioni ed emozioni che ho nel cuore, ma il cuore stesso mi guiderà in questo racconto perché onore grande meritano i farmacisti che, così come i medici, gli infermieri e gli altri operatori sanitari, si sono esposti in prima linea con profondo senso del dovere per accogliere, supportare, rassicurare, assistere, educare, offrire cure ed aiuto alle persone.

La farmacia e i farmacisti chiamati in prima linea a svolgere una funzione sociale e sanitaria.

Il primo caso

Febbraio 2020, il paziente zero a Codogno, ed un virus che cominciava a dilagare insieme alla paura di esserne colpiti e non venirne fuori. Dall’oggi al domani ci siamo trovati al banco a fronteggiare un nemico invisibile, un virus con la “corona”, ma non un re; un virus che ha colorato di grigio le nostre giornate, ha regalato desolazione e silenzi assordanti nelle città, ha agito soprattutto sugli indifesi e sui fragili, come il peggiore baro, togliendo il respiro, impadronendosi del loro ultimo sibilo e cantando vittoria. 

In poco tempo abbiamo cercato di tranquillizzare e rispondere alle domande dei nostri clienti-pazienti. Abbiamo insegnato loro a creare delle mascherine con la carta forno e gli elastici, perché inizialmente non avevamo le forniture neanche per noi. Abbiamo studiato la differenza tra mascherine chirurgiche, Ffp2, Ffp3, abbiamo spiegato cosa si intendesse per distanziamento e abbiamo iniziato a segnare il pavimento delle nostre farmacie con nastri colorati affinché questo distanziamento fosse mantenuto. 

Il distanziamento, un’antitesi del nostro lavoro, dove conta il contatto, la comunicazione, la vicinanza. Un distanziamento che proprio per questi motivi molte volte abbiamo ignorato mettendo a rischio noi e gli altri. Abbiamo prodotto gel igienizzanti per le mani e spiegato, come a scuola, i semplici gesti da compiere quotidianamente. Abbiamo indossato guanti e sanificato il nostro ambiente di lavoro con alcool o candeggina, con quei profumi che rendono asettico anche l’ambiente più caloroso. Siamo stati costretti ad innalzare pannelli di plexiglass sul banco, ma non ci siamo mai sottratti alla relazione.

Abbiamo letto la paura negli occhi degli anziani che ci chiedevano perché le poche persone in strada avevano il volto coperto da quelle “museruole”; abbiamo aiutato i figli a rimandare a casa i loro genitori anziani perché troppo pericoloso rimanere per strada e parlare con qualcuno; siamo stati farmacisti, sportello di ascolto psicologico, primo soccorso, abbiamo fatto da ponte tra il paziente e il medico.

Dedicarsi al nostro lavoro significa trasformarsi ogni giorno

Con il passare dei giorni abbiamo attivato le consegne a domicilio dei farmaci. Abbiamo contattato sindaci e servizi comunali o protezione civile per aiutare chi, al telefono, ce lo chiedeva disperatamente. Abbiamo sperato che i nostri pazienti ce la facessero e che le uniche bombole di ossigeno che avevamo sarebbero state sufficienti. Dovevamo soddisfare le richieste di saturimetri, medicinali, mascherine e ossigeno, ma non sempre, sfortunatamente, siamo stati nelle condizioni di farlo. 

Abbiamo imparato a tollerare lo squillo continuo del telefono perché ogni telefonata significava una richiesta di aiuto. E la sera, un nuovo bollettino di “guerra” o un nuovo DPCM, ci ricordavano che l’indomani sarebbe stata un’altra battaglia.

Lockdown, prima, seconda, terza, quarta ondata…la croce verde non si è mai spenta. 

Noi farmacisti, dopo il turno di lavoro, abbiamo continuato la nostra formazione e ci siamo adeguati alle nuove richieste dettate dalla pandemia; abbiamo studiato e imparato a fare tamponi e vaccini per affiancarci all’estenuante lavoro dei colleghi medici ed infermieri e svolgere il nostro ruolo di prossimità.

Eppure, siamo stati spesso nel mirino di accuse e offese e siamo stati vittime dell’aggressività di alcune persone, che a causa della pandemia si è resa sempre più palese.

Ma i bei ricordi si fanno largo tra gli episodi spiacevoli: mi tornano così in mente le prime mascherine cucite da Edy e donate a noi farmaciste; i fiori di Gisella e il pane fatto in casa di Aurora regalatici dopo essere guarite dal Covid; i mille grazie ricevuti da una comunità, che insieme a noi ha vissuto e vive questa storia.

Siamo farmacisti, ma siamo anche uomini e donne, padri e madri, a nostra volta figli di genitori non più giovani, che hanno imparato quanto sia importante donare o ricevere un sorriso, trascorrere del tempo con le persone che si amano, vivere il lavoro con gioia e passione, aiutare il prossimo e non smettere mai di sperare.

Dott.ssa Morgana Pisano

Laureata in Farmacia, appassionata di divulgazione scientifica e scrittura di storia della scienza.

Notificami
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments