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Sindrome premestruale: cos’è e come trattarla

Molte donne in età riproduttiva riscontrano alcuni disagi fisici nei giorni che precedono le mestruazioni: da tempo ormai l’insieme di questi sintomi prende il nome di sindrome premestruale (PMS). Tali disagi, anche se lievi, possono diventare abbastanza gravi da influenzare anche le attività quotidiane. Come riconoscerli e trattarli?

Sindrome premestruale in medicina

A metà degli anni ’80 una conferenza del National Institutes of Health degli Stati Uniti sulla sindrome premestruale ha proposto criteri adottati dal Manuale Diagnostico e Statistico per definire la forma grave di questa condizione. 

In origina chiamata disturbo disforico della fase luteale tardiva, è stato successivamente ribattezzato disturbo disforico premestruale.

Nei primi referti medici relativi a questa sindrome, i sintomi clinicamente significativi erano denominati tensione premestruale o sindrome premestruale, da cui appunto il nome. La PMS nella classificazione internazionale delle malattie dell’OMS è inserita tra le malattie del tratto genitourinario: questa semplice indicazione non è però utile ai fini della diagnostica clinica, non definendo appunto criteri specifici o i vari livelli di gravità.

Generalmente si piò dire che una donna soffre di sindrome premestruale quando lamenta sintomi psicologici e/o fisici ricorrenti che si verificano durante la fase luteale del ciclo mestruale e che spesso si risolvono entro la fine delle mestruazioni.

È una sindrome tipica delle donne in età fertile e racchiude un insieme di sintomi, di cui il 5-8% passa da moderato a grave associato a notevole disagio e compromissione delle attività quotidiane.

Le cause della sindrome premestruale non sono ancora chiare e vanno valutate: i medici ipotizzano che lo scatenarsi della sindrome premestruale sia dovuto a fattori ormonali (in particolare le fluttuazioni dei livelli di ormone gonadico) e forse neuroendocrini. 

In termini evolutivi i cambiamenti dell’umore potrebbero essere i resti delle fluttuazioni del comportamento legati al ciclo estrale, mostrate dai nostri antenati primitivi, con lo scopo originale di promuovere la riproduzione: nei mammiferi la ricettività sessuale aumenta e l’aggressività diminuisce quando l’estrogeno è alto prima dell’ovulazione.

Sintomi

I sintomi della PMS compaiono dai 7 ai 10 giorni prima del flusso mestruale, sono variabili e si verificano nel 95% di tutte le donne in età riproduttiva, mentre i sintomi gravi e debilitanti si verificano in circa il 5% delle donne.

Le donne hanno la stessa serie di sintomi da un ciclo all’altro la cui gravità può variare da persona a persona; questi stessi sintomi possono persistere anche durante la fase emorragica. In genere comunque peggiorano 6 giorni prima l’inizio delle mestruazioni con un picco circa 2 giorni prima, e spesso permangano nel successivo ciclo mestruale, anche se deve esserci un intervallo senza sintomi prima dell’ovulazione. 

Non c’è ad oggi consenso su come valutare la gravità dei sintomi della sindrome premestruale, il che ha portato all’uso di un’ampia varietà di punteggi e scale dei sintomi, rendendo così difficile sintetizzare i dati sull’efficacia dei trattamento. 

I sintomi psicologici della sindrome premestruale includono:

  • irritabilità
  • depressione
  • facilità al pianto
  • ansia
  • aggressività
  • stanchezza
  • disturbi del sonno
  • minor capacità di concentrazione
  • fattori psicologici comportamentali e sociali.

Tra i sintomi fisici i più frequenti sono:

  • gonfiore addominale
  • tensione mammaria
  • mal di testa
  • attacchi di fame
  • alterato ricambio idrosalino (es. carenza di magnesio)
  • disequilibrio del rapporto estrogeni/progesterone
  • deficit vitaminico.

Diagnosi

Dato che la maggior parte delle donne riporta almeno lievi sintomi premestruali, i sintomi blandi durante la fase luteale sono considerati fisiologici piuttosto che patologici. 

La diagnosi di sindrome premestruale prevede la presenza di almeno cinque sintomi della fase luteale, uno dei quali deve essere un sintomo dell’umore, come ansia o tensione, labilità affettiva o rabbia e irritabilità persistenti.

Il problema principale nella diagnosi della sindrome premestruale è che molte donne con sintomi clinicamente significativi non soddisfano i criteri diagnostici completi previsti.

L’American College of Obstetrics and Gynecology ha tentato di fare chiarezza pubblicando delle linee guida che includono i criteri di diagnosi e trattamento della PMS. Il dubbio dei medici resta però l’inclusione dei vari sintomi premestruali in un’unica sindrome. Sebbene vi sia un accordo generale sul fatto che tutti i sintomi siano innescati dalle fluttuazioni degli ormoni sessuali, non ci sono prove che condividano un fattore fisiopatologico comune, come un’anomalia nella produzione degli steroidi sessuali.

Molti ricercatori suggeriscono che i disturbi premestruali sono provocati dal calo delle concentrazioni di progesterone nella fase luteale tardiva e collegano questo a cambiamenti nei neurotrasmettitori del sistema nervoso centrale.

Trattamenti

Prima di prendere in considerazione il trattamento farmacologico, l’anamnesi di donne con presunta sindrome premestruale dovrebbe essere studiata per condizioni come depressione, disturbi d’ansia e ipotiroidismo.

Per la PMS accertata esistono diversi tipi di trattamenti volti a migliorare o eliminare i sintomi fisici e psicologici con effetti negativi minimi, per ridurre l’impatto sulla quotidianità, sulle relazioni interpersonali e sulla qualità della vita.

La scelta del trattamento viene individuata in base al profilo dei sintomi, dalla scelta personale delle donne e dai medici che le guidano e rassicurano. 

I trattamenti efficaci non riducono necessariamente tutti i sintomi allo stesso modo ed è importante per i medici valutare i miglioramenti dati dalle cure, visto che alcuni farmaci potrebbero funzionare meglio per particolari sintomi.

Tra i trattamenti più comuni per la sindrome premestruale vi sono:

  • antinfiammatori FANS (come l’ibuprofene);
  • integratori a base di magnesio, calcio, agnocasto, vitamine E e B6; 
  • assunzione di soia nella dieta (i fitoestrogeni che contiene contribuiscono a riequilibrare il rapporto estrogeni/progesterone);
  • uso di contraccettivi orali a base di estradiolo e analoghi a lunga durata d’azione dell’ormone di rilascio delle gonadotropine (dato che le fluttuazioni dei livelli di ormone gonadico innescano i sintomi, in questo modo si interviene sulla ciclicità ovarica).

Nel caso di sintomi molto gravi, medici e psichiatri valutano anche l’uso di antidepressivi (gli inibitori della ricaptazione della serotonina sono i più indicati) e psicofarmaci (alprazolam e diazepam) durante il ciclo o solo durante le fasi luteiniche.

Consigli utili

Nonostante l’esistenza di trattamenti farmacologici per contrastare i sintomi da PMS, è fondamentale condurre una vita sana seguendo piccoli accorgimenti, come la riduzione dell’apporto di sale, alcol, caffeina e dolci nell’alimentazione perché contribuiscono ad innalzare il livello degli estrogeni.

Un corretto apporto idrico (bere almeno 2 litri di acqua al giorno) e l’esercizio fisico aiutano il corpo a mantenersi attivo e a combattere lo stress, riducendo le fluttuazioni ormonali.

Una buona abitudine per eliminare gonfiore e stitichezza è quella di consumare piccoli pasti più volte al giorno, comprensivi di frutta e verdura fresche che migliorano il transito intestinale e forniscono vitamine e sali minerali. 

 

 

Fonti

“Premenstrual syndrome” – Irene Kwan, Joseph Loze Onwude – University of London, London, UK.

“Premenstrual syndrome” – Kimberly Ann Yonkers, P. M. Shaughn O’Brien, Elias Eriksson – Department of Psychiatry, Yale School of Medicine, USA.

Annalisa Spadafora

Studentessa in CTF, nutre una profonda passione per la divulgazione scientifica.

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