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 I fitoestrogeni in menopausa: dal sintomo al rimedio naturale

La menopausa è una fase fisiologica della vita di ogni donna che coincide con il termine della sua fertilità. Anche se naturale, rappresenta un passaggio critico caratterizzato da notevoli cambiamenti biologici, psicologici e sessuali. In menopausa le ovaie non secernono più progesterone e 17β-estradiolo in quantità apprezzabili fino a terminare con l’atrofia del tratto urogenitale. La definitiva cessazione dei cicli mestruali, derivante dalla perdita della funzione follicolare ovarica, può dar luogo ad una serie di disturbi che a volte sono solo fastidiosi, altre possono compromettere la qualità della vita. I sintomi, ciascuno legato alla vulnerabilità personale, possono essere di carattere neuropsicologico (insonnia, irritabilità, alterazione dell’umore) o di carattere vasomotorio (vampate di calore, sudorazione notturna, vertigini). Il sistema nervoso centrale, in particolare il nucleo ipotalamico della termoregolazione, risente precocemente del calo degli estrogeni motivo per il quale l’80% delle donne riscontrano le sensazioni di calore che si diffondono dal tronco al volto. Inoltre, non si possono trascurare gli effetti tardivi della menopausa sull’osso e il legame tra aterosclerosi e osteoporosi. La carenza di estrogeni stimola l’attività degli osteoclasti e un aumentato riassorbimento osseo, determinando così la perdita progressiva della densità ossea. Diversi studi dimostrano che la menopausa ha un effetto marcato sui livelli circolanti di lipidi e lipoproteine, inducendo un aumento del rischio cardiovascolare. Ridotti valori di densità ossea e l’aumentato turnover osseo sono risultati associati all’aumentata prevalenza di aterosclerosi carotidea.

La terapia simil-ormonale con sostanze di origine vegetale

La terapia ormonale sostituiva spesso è indispensabile per ripristinare un livello ottimale degli ormoni deficitari, ma espone ad altri rischi ormai accertati: nausea, vomito, crampi addominali nei casi più leggeri. Ma in letteratura è stato evidenziato come l’utilizzo prolungato della terapia ormonale sostituiva possa influire sul rischio di ammalarsi di tumore al seno.  Le linee guida raccomandano una terapia di durata non superiore a 5 anni e sottolineano un rischio nullo per chi ricorre agli estrogeni per uso vaginale, che spesso non raggiungono il circolo sanguigno. Cercando di trovare una valida alternativa, si sono moltiplicati gli studi sull’azione di fitocomplessi in grado quanto meno di mitigare i disturbi legati alla menopausa. L’interesse per il ruolo fisiologico dei fitoestrogeni nasce da studi osservazionali ed epidemiologici, che hanno messo in evidenza una minore incidenza dei disturbi legati alla menopausa nelle donne di nazionalità asiatica rispetto l’Occidente. Sin dal principio si pensava che queste differenze fossero attribuibili solo a fattori genetici e culturali, eppure a destare maggiore attenzione sono stati i fattori dietetici.  Da queste osservazioni, infatti, è emerso per le donne asiatiche un maggior consumo di soia particolarmente ricca di fitoestrogeni. Questo ha gettato le basi per valutare i potenziali benefici dei fitoestrogeni nella sintomatologia menopausale, evitando così di ricorrere alla terapia chimica sostitutiva.

Classificazione e meccanismo d’azione dei fitoestrogeni

Sulla base della loro struttura chimica e rispetto ai modelli di biosintesi, i fitoestrogeni sono sostanze di origine vegetale con proprietà ormonali di tipo estrogenico. Sono state identificate oltre 300 piante ad attività estrogenica, di queste solo poche sono commestibili appartenenti per lo più alla famiglia delle Leguminose. Ubiquitari nel mondo vegetale, si riscontrano in abbondanza nella soia (la concentrazione si riduce però nei suoi derivati) e nel trifoglio rosso, in misura minore nel luppolo, liquirizia, rabarbaro e agnocasto. Dal punto di vista chimico, i fitoestrogeni si possono raggruppare in tre categorie principali: i lignani, i cumestani, e gli isoflavoni particolarmente espressi nella soia. Questi ultimi, rappresentati dalla daidzeina e genisteina, sono gli isoflavoni più attivi dotati di attività antiossidante mediante il blocco dei radicali liberi e di attività estrogenica. Avendo una struttura chimica sorprendentemente simile al 17β-estradiolo, i fitoestrogeni competono per gli stessi siti recettoriali degli estrogeni endogeni. In realtà il meccanismo d’azione è più complesso di quanto sembra infatti possiedono sia attività estrogenica che anti-estrogenica. In carenza di estrogeni endogeni, i fitoestrogeni stimolano, anche se con minore capacità di attivazione, i loro specifici recettori potenziandone l’attività. Al contrario, quando i livelli di estrogeni endogeni sono elevati si comportano da antagonisti recettoriali, e per di più inibiscono l’enzima aromatasi deputato alla conversione degli androgeni in estrogeni.

Proprietà e campi di applicazione

Il campo di applicazione dei fitoestrogeni in menopausa riguarda in particolare:

  1. Le vampate di calore: a tal proposito la Cimicifuga e il Trifoglio rosso sono i composti vegetali più indicati, in quanto sono in grado di indurre la riduzione dei livelli dell’ormone ipofisario luteinizzante LH responsabile di tale sintomo. Rispetto ai fitoestrogeni di soia, gli isoflavoni di trifoglio rosso hanno una maggiore concentrazione e vantano la presenza originale di formononetina e biocanina con azione sinergica e potenziante gli altri composti. Anche per queste ragioni, la posologia dei derivati di trifoglio è la metà rispetto ai fitoestrogeni di soia.
  2. Secchezza vaginale, rughe e fragilità dei capelli: Gli estrogeni modulano significativamente la fisiologia della pelle. L’insufficienza ne causa la diminuzione della difesa contro lo stress ossidativo; la pelle diventa più sottile e si riduce la vascolarizzazione. Per analogia strutturale e funzionale, i fitoestrogeni hanno un potenziale effetto benefico nei confronti di questi disturbi legati alla menopausa.

Numerosi dati osservazionali suggeriscono un ruolo benefico degli isoflavoni nei confronti dell’apparato cardiovascolare mediante un’attività anti-aterosclerotica per azione diretta sulla parete e un’attività ipocolesterolemizzante. Tuttavia i meccanismi attraverso i quali i fitoestrogeni ridurrebbero il rischio cardiovascolare non sono ancora ben noti. Inoltre testando in vitro Genisteina e Daidzeina a diverse concentrazioni si è osservato un effetto stimolatorio sul differenziamento e sull’attività osteoblastica. Mancano però, prove cliniche evidenti sull’efficacia dei fitoestrogeni nel prevenire la perdita di massa ossea. La maggior parte dei fitoestrogeni per essere biologicamente attivi devono essere metabolizzati ed attivati per opera di enzimi endogeni ed esogeni (microflora intestinale). La biodisponibilità infatti varia in funzione della struttura chimica così come della funzionalità ed integrità intestinale. L’Equolo è il metabolita attivo della daidzeina, uno dei principali isoflavoni nella soia. La soia fermentata contiene già direttamente Equolo, per cui rispetto all’impiego degli isoflavoni della soia, non necessita di biotrasformazione. I fitoestrogeni interagiscono fortemente con le proteine plasmatiche come l’albumina; questo suggerisce che possono interferire nel contesto di politerapie farmacologiche.

Che relazione c’è tra fitoestrogeni e neoplasie?

Il processo di cancerogenesi può essere sotto il controllo degli estrogeni che giocano un ruolo determinante nella crescita dei tumori “ormono-sensibili” (seno, colon, prostata). Infatti, legandosi ai recettori beta presenti sulle cellule di questi organi, possono essere la causa della divisione e replicazione incontrollata delle cellule. Il legame tra fitoestrogeni e cancro è ancora oggi molto dibattuto, ma nasce comunque da studi epidemiologici e considerazioni fisiopatologiche L’effetto protettivo dei fitoestrogeni nei confronti di varie neoplasie risiede nella loro attività anti-estrogenica, ovvero competendo con gli stessi siti recettoriali degli estrogeni endogeni riducono il rischio di innesco del processo di replicazione cellulare incontrollata. Quanto ai rischi, anche se non stimolano la proliferazione cellulare perché dotati di attività estrogenica debole, mancano studi conclusivi in proposito, perciò al pari della tradizionale terapia ormonale vanno evitati in donne con precedente tumore al seno.

FONTI

  1. De Cremouxa P, This P, Leclercq G, Jacquot Y: Maturitas 65 (2010) 334–339.
  2. V. Sirotkin, A.H. Harrath: European Journal of Pharmacology 741 (2014) 230–236.
  3. Kotsopoulos et al. The effects of soy protein containing phytoestrogens on menopausal symptoms in postmenopausal women. Climacteric (2000) 161–167.
  4. Anthony MS, Clarkson TB Weddle DL: Effects of soy protein phytoestrogens on cardiovascular risk factors in rhesus monkeys. Abstract. J Nutr. (1995)125: 803-4.
  5. Eden J, Knight D, Mackey R.: Hormonal effects of isoflavones, Frank Rundle House, Rojal Hospital for Women, Paddington, N.S.V. 2021, Australia.
  6. Adlercreutz H: Phytoestrogens: epidemiology and a possible role in cancer protection. Environ Health Perspect, (1995) 103 Supll 7: 103-12.
  7. https://www.airc.it/cancro/informazioni-tumori/corretta-informazione/fitoestrogeni-cancro
Dott.ssa Giada Maraia

Dott.ssa in Chimica e Tecnologie farmaceutiche, nutre una profonda passione per la divulgazione scientifica.

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