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L’abbronzatura ci protegge dal sole?

Agosto: estate inoltrata. Lo scambio di battute più ricorrente in spiaggia tra amici: “Ho in borsa una crema solare con SPF 50: l’ho comprata ad inizio stagione, ma ormai sono abbronzata; mica mi scotto più! Qualcuno ha per caso una protezione più bassa? Una crema solare con SPF 30 sarebbe perfetta.” “Io, al momento, sto usando una protezione 15; magari, tra qualche settimana, potrà fare al caso tuo!”

Ma è vero che più divento scuro, più non mi scotto perché l’abbronzatura mi protegge dal sole? Ha senso cambiare il grado di fotoprotezione in base all’abbronzatura?

Proviamo a rispondere, sempre seguendo un filo logico.

Come si sceglie la protezione solare?

Sono 3 i parametri da prendere in considerazione ogni qualvolta ci si appresta a scegliere il prodotto solare di fiducia:

  • Fototipo;
  • Indice di irradiazione o UV index;
  • Eventuale presenza di patologie cutanee (rosacea, acne in fase attiva, lupus eritematoso sistemico, ecc…).

A quale parametro do più importanza?

Per prima cosa, è sempre buona norma conoscere il nostro fototipo cutaneo di appartenenza, che è legato alla nostra tipologia di pelle.

Noto il fototipo, è opportuno considerare l’indice di irradiazione o UV index, correlato non alla nostra tipologia di pelle, bensì all’ambiente esterno. Che cos’è? È un indice universale (utilizzato in tutto il mondo!) della radiazione solare: mi dice, cioè, quanta radiazione ultravioletta (UV) raggiunge la superficie terrestre in una determinata area geografica. Nella stessa giornata, in Italia avrò un certo UV index, che sarà diverso da quello che si registrerà in Australia, che sarà ancora differente da quello che troverò in Cina o negli Stati Uniti. L’UV index indica, quindi, il potenziale danno che la nostra pelle e i nostri occhi potrebbero subire, esponendoci al sole in quella particolare giornata, in quella determinata area geografica.

Questo indice può assumere valori che vanno da zero ad infinito, anche se generalmente il valore massimo che gli viene attribuito è 11. Un UV index pari a zero sta a significare che la quantità di raggi UV pericolosi che raggiunge la superficie terrestre è praticamente nulla. Quando, invece, tale parametro assume valori attorno a 4, 5 o 6, devo prestare più attenzione e proteggermi maggiormente.

All’atto pratico, quindi, come procedo?

Conosco il mio fototipo, controllo (su Intenet) qual è l’UV index in quella determinata giornata, in quella particolare area geografica e, a quel punto, decido se optare per una protezione alta, media o bassa.

E se ho una qualche patologia cutanea?

Non considero più per primi il fototipo e l’UV index, bensì la patologia. La patologia è, infatti, il parametro prioritario: è come il tram, che all’incrocio vuole sempre la precedenza. In caso di patologia cutanea, quindi, è sempre opportuno affidarsi al consiglio del dermatologo per quanto riguarda la scelta del solare più idoneo.

E il parametro “Quanto tempo sono già stato al sole”?

Nota bene (anzi, benissimo!): non rientra tra i parametri da tenere in considerazione.

Repetita iuvant

Ricordiamo rapidamente sia gli effetti biologici dei raggi UVB e UVA, sia le loro conseguenze sulla pigmentazione cutanea.

In merito agli effetti biologici:

  • Gli UVB determinano più danni diretti al DNA rispetto agli UVA;
  • Gli UVA causano danni ossidativi che inducono la formazione di specie reattive dell’ossigeno (ROS): non ditemi che non avete mai sentito parlare di radicali liberi! Sono proprio questi a danneggiare il DNA e gli altri costituenti cellulari, favorendo il fotoinvecchiamento cutaneo.

Entrambi i tipi di raggi, quindi, sono strettamente correlati al rischio di comparsa di tumori alla pelle, compreso il melanoma.

Per quanto riguarda, invece, gli effetti sulla pigmentazione cutanea facoltativa (l’abbronzatura per intenderci!):

  • Gli UVB aumentano la produzione di melanina;
  • Gli UVA aumentano la pigmentazione visibile della pelle, senza determinare alcun incremento del contenuto di melanina.

L’abbronzatura è, infatti, quel meccanismo fisiologico di difesa che la pelle mette in atto per proteggersi dalle continue aggressioni dei raggi ultravioletti del sole.

È a questo punto che, in genere, sorge la domanda delle domande.

Dal momento che si parla di meccanismo di difesa, l’abbronzatura che si è già sviluppata sulla nostra pelle dopo le prime esposizioni solari, ci protegge dagli effetti negativi delle successive esposizioni ai raggi UV?

La risposta è no: l’abbronzatura è una difesa fisiologica, ma non ha alcuna potenzialità nel frenare i raggi UV o nel ridurre il danno ossidativo a livello delle cellule della pelle.

Come posso provare a convincervi?

In letteratura scientifica si trovano diversi studi condotti proprio con l’obiettivo di determinare i presunti effetti protettivi dell’abbronzatura nei confronti di una successiva esposizione ai raggi UV, al fine di comprendere se questi conferiscano o meno una maggiore fotoprotezione.

Nella pratica, come sono stati svolti questi studi?

La pelle umana è stata esposta in modo ripetitivo a dosi suberitemigene di UVA e/o UVB, al fine di generare un’abbronzatura. Successivamente, sia la pelle abbronzata che la cute non esposta precedentemente a radiazione UV sono state colpite con una dose eritemica di UV.

Sono stati valutati e analizzati:

  • Il contenuto di melanina nella pelle abbronzata e in quella non esposta precedentemente alla radiazione;
  • I livelli di danno al DNA;
  • La fotoprotezione offerta dall’aumento della pigmentazione in un modello tridimensionale di pelle umana;
  • I modelli di distribuzione dei granuli del pigmento melanina nella pelle in seguito all’esposizione ai raggi UVA e /o UVB.

A quale conclusione si è giunti?

I risultati hanno evidenziato chiaramente che:

  • I meccanismi dell’abbronzatura della pelle indotta da UVA o UVB differiscono notevolmente;
  • La fotoprotezione offerta dall’abbronzatura indotta da UVB è molto bassa;
  • La fotoprotezione offerta dall’abbronzatura indotta da UVA non è significativa rispetto al controllo. In altre parole? È uguale a quella della pelle non abbronzata.

Ha senso, quindi, cambiare il grado di fotoprotezione in base all’abbronzatura?

Dal momento che l’abbronzatura che si è già sviluppata sulla nostra pelle dopo le prime esposizioni al sole non ci protegge dagli effetti negativi dei raggi UV, la risposta è no.

Cosa devo sempre tenere in considerazione quindi? Ecco che ritornano loro: i 3 parametri.

Che poi, quando si parla di proteggere la pelle dalle radiazioni UV, pensiamo tutti immediatamente alla protezione intesa come filtro UV. Di fatto, però, ci sarebbe anche un altro modo per proteggere la pelle dalle radiazioni solari: evitare di esporsi al sole…neanche a dirlo!

Non ritengo sia necessario, tuttavia, essere così categorici; in ogni caso, sarebbe opportuno recuperare una buona abitudine, al giorno d’oggi forse un po’ troppo demodé: stare all’ombra o in un luogo chiuso almeno nelle ore più calde della giornata.

FONTI

“The deceptive nature of UVA-tanning versus the modest protective effects of UVB-tanning on human skin”, Y. Miyamura, S. G. Coelho, K. Schlenz, J. Batzer, C. Smuda, W. Choi, M. Brenner, T. Passeron, G. Zhang, L. Kolbe, R. Wolber and V. J. Hearing, Pigment cell & melanoma research, 2010

https://www.myskin.it/

https://www.focus.it/scienza/salute/i-pericoli-del-sole-e-i-tumori-della-pelle-abbronzatura-36255-54545

Dott.ssa Elena Pascucci

Laureata in chimica e tecnologie farmaceutiche. Master di II livello in Scienza e tecnologia cosmetiche. Si occupa della stesura di articoli di dermocosmesi.

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