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Nuova tendenza: packaging antimicrobico

“Chissà se la crema che ho acquistato la scorsa settimana al supermercato è sicura? Costava così poco; sarebbe stato meglio recarsi in profumeria!”

È davvero così?

Ripetiamo insieme: “Per essere immesso sul mercato, un prodotto cosmetico deve essere sicuro.” A prescindere dal canale di distribuzione, infatti, la sicurezza microbiologica è una delle questioni di rilievo in ambito cosmetologico. Quindi sì: anche quella crema presa di sfuggita al supermercato ad un prezzo irrisorio è sicura dal punto di vista microbiologico.

Ed è qui che entrano in gioco i conservanti.

Che cosa sono i conservanti?

L’articolo 2 del regolamento CE n.1223/2009 sui prodotti cosmetici definisce i conservanti come quelle “sostanze destinate esclusivamente o prevalentemente ad inibire lo sviluppo di microrganismi nel prodotto cosmetico”.

Quasi tutti i prodotti cosmetici, soprattutto quelli a base acquosa, infatti, rappresentano ottimi substrati per la crescita dei microrganismi. Così, una volta aperta la confezione, il rischio di una contaminazione microbiologica è reale. Per abbattere il tasso di contaminazione è necessario, quindi, ricorrere ai conservanti. In caso di mancato utilizzo, infatti, il prodotto diventerebbe inutilizzabile nel giro di pochissimo tempo, poiché colonizzato da batteri, muffe e funghi. La questione dell’igiene e della sicurezza microbiologica, è legata anche all’impiego degli accessori utilizzati per applicare i cosmetici: roll, brushes, pennelli per mascara vengono a contatto sia con il cosmetico che con i residui organici della nostra pelle durante le applicazioni. Ed è proprio la miscela di sostanze organiche a trasformare rapidamente questi oggetti in ricettacoli di batteri.

Da dove proviene l’idea del packaging antimicrobico?

Per rispondere a questa domanda, proviamo a mettere in relazione il settore cosmetico con un altro campo a lui notevolmente affine. In quale altro ambito la questione dei conservanti per il mantenimento di prodotti sia freschi che confezionati è altrettanto sentita? Qual è il “parente stretto” del settore cosmetico? Il settore alimentare! I primi studi sui materiali antimicrobici, infatti, sono stati condotti sugli imballaggi alimentari; dopo aver ottenuto i primi risultati, l’idea è stata adattata al settore farmaceutico, per poi essere estesa anche all’ambito cosmetico.

Ma nello specifico, in che cosa consiste questa tecnologia?

L’idea del packaging antimicrobico si basa sull’interazione tra imballaggio e formulazione. Il conservante non è contenuto nel prodotto cosmetico, bensì nell’imballaggio: è proprio quest’ultimo, infatti, che va ad agire da “serbatoio” della molecola. Con parole semplici? Nei materiali antimicrobici studiati fino ad ora, il conservante migra dall’imballaggio al prodotto cosmetico: si tratta di un processo che avviene lentamente, ma con costanza.

Quali vantaggi comporta la migrazione delle molecole antimicrobiche?

Trattandosi di un processo lento ma costante, è possibile ridurre la concentrazione dei conservanti presenti nella formulazione. In alcuni casi, tuttavia, il conservante ha un tasso di migrazione piuttosto basso. Di conseguenza, con la sua azione si limita semplicemente ad evitare l’insediarsi dei batteri sulla superficie della confezione e non sull’intero prodotto.

Da che cosa dipende questa migrazione?

La migrazione di una molecola è influenzata da due fattori principali:

  • Struttura della molecola (il conservante nel nostro caso);
  • Matrice polimerica che la contiene (il packaging).

È basata, quindi, sugli eventuali legami intermolecolari che si possono instaurare tra la matrice polimerica (es. plastiche come PE, PET, PP, …), e il composto, sia questo un conservante, un additivo o un colorante. Nel nostro caso specifico? Tra il packaging e il conservante. È proprio dall’affinità tra queste due controparti che dipende la capacità di formare quei legami che influenzano il processo di migrazione:

  • Minore è l’affinità del conservante per il packaging, maggiore è la possibilità che la molecola passi dal materiale da imballaggio al prodotto cosmetico;
  • Maggiore è l’affinità, minore è il rilascio nella formulazione cosmetica.

Quali sono gli studi in merito?

Da diversi anni si studiano composti antimicrobici di origine naturale. Ad oggi, tuttavia, sono poche le molecole che vantano un’attività antimicrobica e che non appartengono alla classe degli antibiotici. Tra queste rientrano alcuni ossidi inorganici: in particolare, l’ossido di zinco e l’ossido di magnesio si sono mostrati in grado di bloccare la proliferazione batterica, andando ad agire sia sui batteri Gram positivi, sia sui Gram negativi. Tali composti, inoltre, son risultati innocui per l’organismo umano e con effetti tossici praticamente inesistenti.

In che cosa consiste l’attività antimicrobica degli ossidi inorganici?

Le particelle di ossido, interagendo con l’acqua in prossimità della cellula batterica, generano specie chimiche altamente reattive: i ROS, meglio noti come radicali liberi. Questi ultimi, con un meccanismo a catena, dapprima colpiscono la parete e la membrana batterica per poi degradare altre tipologie di biomolecole. E qual è il risultato finale di questa cascata? Il blocco della proliferazione batterica.

Questo sistema antimicrobico, inoltre, si è mostrato efficiente nel tempo: le particelle di ossido di zinco e magnesio, infatti, sono in grado di rigenerare i radicali liberi che danneggiano i microbi, prolungando l’attività antimicrobica del packaging. Qualche numero? Secondo i dati dei ricercatori, il sistema si preserva per ben 50 mesi, senza che l’attività catalitica degli ossidi venga persa.

Solo gli ossidi inorganici funzionano in questa maniera?

Oltre agli ossidi di zinco e magnesio, si stanno studiando diversi composti di origine naturale: alginato, amido, fenoli estratti da piante e proteine di derivazione animale. Dal momento che queste molecole sono in grado di inibire la crescita batterica, la nuova sfida ora è integrarle in materiali da imballaggio. Sono stati sviluppati alcuni prototipi in ambito alimentare, farmaceutico e cosmetico; allo stato attuale, tuttavia, non è ancora stata individuata una molecola che presenti lo stesso profilo d’azione a prescindere dal materiale d’imballaggio e dalle caratteristiche del prodotto cosmetico.

In conclusione, perché il packaging antimicrobico potrebbe rappresentare una soluzione interessante nel settore cosmetico?

Sfruttare la tecnologia del packaging antimicrobico, in campo cosmetico, sia esso a base di molecole organiche o inorganiche, permette di ottenere simultaneamente due benefici:

  • Possibilità di impiegare una quantità minore di conservanti: la quota di conservante che si degrada durante la vita di un prodotto cosmetico, è continuamente ripristinata grazie al materiale da imballaggio; quest’ultimo, infatti, funziona da “serbatoio” continuo della molecola.
  • L’effetto del conservante permane più a lungo, ossia fino a quando non si esaurisce completamente la molecola presente nel materiale polimerico.

Se dovessi riassumere questa tendenza in una frase?

“Packaging: da semplice rivestimento a parte integrante del prodotto.”

FONTI

www.kosmeticanews.it

Dott.ssa Elena Pascucci

Laureata in chimica e tecnologie farmaceutiche. Master di II livello in Scienza e tecnologia cosmetiche. Si occupa della stesura di articoli di dermocosmesi.

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