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Sindrome da Burnout: quando sentirsi esauriti potrebbe diventare un problema

Sindrome da Burnout: quando sentirsi esauriti potrebbe diventare un problema

Ottobre è il mese della Salute Mentale e soprattutto in relazione alla pandemia si è sentito spesso parlare di sindrome da burnout. 

Quante volte sentiamo frasi come “mi sento depresso”, “sono stanco” “non ce la faccio più”? O noi stessi le diciamo? Ecco, per quanto spesso siano espressioni innocue dettate dalla stanchezza del momento, tante altre volte potrebbero mascherare qualcosa di più serio.

Sindrome da Burnout

La sindrome da burnout è definita come una risposta prolungata a fattori di stress emotivi e interpersonali cronici.

Il concetto di burnout fu riportato per la prima volta nel 1974 da Herbert Freudenberger per descrivere un fenomeno complesso che si manifesta diversamente da persona a persona con tre sintomi correlati:

  • esaurimento emotivo. L’esaurimento può essere paragonato al non avere carburante nel nostro “serbatoio emotivo”, anche dopo aver riposato; ecco perché è aggravato dall’insonnia, che non deve mai essere sottovalutata
  • spersonalizzazione (o depersonalizzazione): si verifica quando si lavora a fatica, con atteggiamento negativo nei confronti dei colleghi e della professione
  • scarsa realizzazione personale con sentimenti di inefficacia e mancanza di risultati, che sottopongono l’individuo a forte stress. L’esposizione prolungata allo stress è causa principale dell’esaurimento emotivo e si manifesta attraverso la perdita di entusiasmo per il lavoro, senso di impotenza e sconfitta

Soprattutto per quanto riguarda l’ultimo punto, l’inefficienza, o la mancanza di senso di realizzazione personale, è caratterizzata dall’abbandono delle responsabilità e distacco dal lavoro. Le persone colpite si sentono disconnesse da chi le circonda, non interessate a ciò che sanno essere importante e poco efficienti anche quando ottengono buoni risultati.

Secondo diversi studi le persone con alti livelli di stress da burnout commettono più errori sul lavoro, compromettendo i risultati e mettendo a repentaglio la vita delle persone quando svolgono lavori di responsabilità.

Diagnosi e fattori di rischio

Il burnout è ancora visto come uno stato emotivo e un rischio professionale, ma ancora non si parla di una diagnosi. Anzi, spesso viene sottovalutato e semplicemente ridotto a stress cronico.

Purtroppo però le caratteristiche di tale sindrome sono simili a quelle della depressione maggiore e dell’ansia e della depressione gravi che in genere si verificano in ambiente lavorativo. 

Per i ricercatori il burnout può infatti essere una forma di depressione grave che deve essere diagnosticata da uno psichiatra e curata con consulenze specifiche. 

Può colpire tutti, ma in modo particolare le persone di successo, dotate di empatia e che prendono a cuore i problemi sul lavoro. Gli studi dimostrano che sia molto frequente in chi lavora in ambito sanitario o in contesti emotivamente forti, e maggiormente tra le giovani donne in carriera.

Oltre a questi aspetti, i principali fattori di rischio sono:

  • scarso stato di salute in generale 
  • depressione
  • problemi di sonno
  • eccessivo carico di lavoro (superiore alle 14 ore) 
  • ambienti di lavoro stressanti (psichiatria, medicina d’urgenza e terapia intensiva sono aree ad alto rischio) e/o pressioni sul lavoro stesso
  • vita familiare stressante (bambini insonni, impegni conflittuali o discordia coniugale)

Conseguenze

La sindrome da burnout può essere riscontrata in qualunque fase della carriera di un individuo influendo in modo significativo sul lavoro, sulla vita sociale e sulla salute in generale.

Le persone colpite risultano essere più suscettibili a malattie cardiovascolari e muscolo-scheletriche nonché a patologie immunitarie e infettive; questi disturbi, uniti a quelli di natura psicologica e cognitiva, hanno un notevole impatto sulla quotidianità delle persone.

L’aumento dell’interesse per questa sindrome è dovuto alla preoccupazione per i suicidi sempre più in aumento tra chi ne è affetto.

Burnout e COVID-19

Nella pandemia da Covid-19 il tempo prolungato di fronte ai dispositivi elettronici ha aumentato lo stress che, sommato a quello legato al lockdown, ha portato un incremento proporzionale dei casi di burnout.

La relazione tra l’uso di dispositivi e lo stress è stato argomento di interesse per i ricercatori di tutto il mondo, che associano l’esposizione agli schermi di computer e cellulari ai sintomi tipici di questa sindrome.

Rimedi e prevenzione

Sebbene il burnout sia un problema di salute pubblica basato sull’evidenza, non esiste ancora un approccio sistematico alla prevenzione. 

Le attività per ridurne l’incidenza dovrebbero essere previste per chi gode di posizioni molto impegnative sul lavoro e non solo: il personale che ha pensieri suicidi trova difficile chiedere aiuto o ottenerlo, e proprio per questo la prevenzione andrebbe implementata.

In primo luogo gli esperti promuovono attività di sensibilizzazione per spronare al cambiamento sano:

  • dormire bene è efficace contro lo stress: problemi di sonno persistenti possono essere un segno che si è verificato un esaurimento o l’inizio di una depressione
  • i medici consigliano di non usare l’alcool come sedativo e di non utilizzare dispositivi elettronici da almeno due ore prima di mettersi a letto, sostituendoli con letture leggere e non inerenti al lavoro
  • ridurre le abitudini quali fumo e abuso di caffeina, che incidono entrambe sui livelli di stress
  • riduzione dell’orario di lavoro, aspetto che secondo gli studi migliorerebbe la qualità della vita 
  • esercizio fisico regolare (stretching e attività semplici), per migliorare il benessere mentale e fisico. L’attività fisica inoltre migliora i marcatori biologici delle malattie cardiovascolari e muscolo-scheletriche
  • sviluppare interessi e hobby creativi consente di riprendersi dallo stress lavorativo e a proteggere dall’esaurimento
  • trascorrere del tempo con famiglia e amici aiuta a rasserenare l’animo, soprattutto perché aprirsi con le persone che si amano è un valido aiuto

Gli psichiatri infatti consigliano programmi di gestione dello stress sia per prevenire che per curare il burnout, così da incoraggiare all’empatia per migliorare la qualità della vita e ridurre il disagio psicologico.

Tali programmi includono rilassamento, mindfulness, terapia cognitivo-comportamentale, meditazione, musicoterapia, sessioni Balint, yoga ed esercizi di autoconsapevolezza.

Noi tutti siamo responsabili della società e abbiamo il compito di migliorare il sistema in modo da poter sradicare le cause alla base di questa sindrome. Sicuramente l’aspetto lavorativo con richieste e orari difficili da gestire è uno dei punti sui quali sarà necessario intervenire.

Questo obiettivo potrebbe richiedere decenni, nel frattempo è nostro dovere prenderci cura di noi stessi e di chi ci sta vicino, e soprattutto ricordare che non si vive per lavorare, ma si lavora per vivere.

 

Fonti

“Stress and burnout syndrome and their associations with coping and job satisfaction in critical care nurses: a literature review” –  Adriano Friganović, Polona Selič, Boris Ilić, Biserka Sedić – Department of Anaesthesiology and Intensive Care, University Hospital Centre Zagreb.4

“Burnout syndrome should not be underestimated” – Yılmaz Güler, Serkan Şengül, Hasan Çaliş, Zülfikar Karabulut – Department of General Surgery, Antalya, Turkey.

“Burnout among physicians” – Maya Romani, Khalil Ashkar – Department of Family Medicine, American University of Beirut, Beirut, Lebanon.

“Coping with Stress and Burnout Associated With Telecommunication and Online Learning” – Nour Mheidly, Mohamad Y. FarES, Jawad Fares – Lebanese University, American University of Beirut, Beirut, Lebanon – University of Glasgow, Glasgow, United Kingdom – Northwestern University, Chicago, IL, United States.

Annalisa Spadafora

Studentessa in CTF, nutre una profonda passione per la divulgazione scientifica.

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