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Sanificazione degli ambienti in tempo di Covid: le superfici (PARTE I)

È ormai più di un anno che sentiamo parlare di Covid-19, più di un anno che si parla di pandemia, più di un anno che OMS, EMA, ISS, e tutte le più grandi organizzazioni mondiali si prodigano per dettare delle direttive al fine di prevenire il contagio dal SARS CoV-2. In particolare, si consiglia fortemente l’utilizzo di mascherine a norma (sia di tipo chirurgico che FFP2), l’utilizzo di gel alcolico per la sanificazione delle mani, insieme al lavaggio frequente delle stesse.

Invece, per quanto riguarda gli ambienti in cui viviamo? Quanto siamo davvero informati sulla sanificazione di ambienti? Di superfici e di abbigliamento? Quali la precauzione da adottare in casa? E quali da tenere nei luoghi pubblici?

Approfondiremo, quindi, le corrette procedure da adottare per una idonea sanificazione degli ambienti chiusi, per la disinfezione di superfici e dell’aria per poter prevenire la diffusione ambientale del virus (che ricopre un ruolo potenzialmente centrale nella diffusione della malattia).

In questo primo articolo ci concentreremo sulla disinfezione delle superfici.

Chiariamo meglio, quali sono le modalità di contagio del Covid-19?

Il virus viaggia da un individuo all’altro secondo vie ben definite, tra queste conosciamo tutti la via di contagio che si ha tramite il fenomeno delle droplets, cioè delle goccioline di misura nanometrica (quindi invisibile agli occhi) che emettiamo senza accorgercene mentre parliamo, mangiamo o solo respiriamo, motivo per il quale, in questa pandemia la miglior difesa e protezione è sicuramente il corretto uso della mascherina (questa deve infatti coprire naso e bocca).

Esiste però anche una via di contagio, molto più difficile da contenere e controllare, che avviene tramite contatto, sia diretto (facilmente immaginabile come questa possa essere contenuta) che indiretto, più subdolo in quanto ci fa compiere gesti involontari a causa dei quali incappiamo nella possibilità di infettarci.

Facciamo due esempi per capire meglio cosa si intende per contatto diretto ed indiretto. Ad esempio, siamo davanti ad un contatto diretto se vado a pagare in cassa ed il farmacista mi passa lo scontrino o dopo che io gli ho passato il prodotto scelto dall’espositore. Un contatto indiretto, invece, non è cosi ovvio. Ad esempio, se vado al supermercato e mi soffermo a prendere una confezione di biscotti che, però, a mia insaputa, era stata maneggiata da un addetto vendita poco prima, senza guanti, in questo caso, essendo il virus ancora vivo sulla superficie, attraverso le mie mani può entrare in contatto con le mie mucose, perché magari, involontariamente mi tocco gli occhi o metto le mani vicino a bocca e naso.

Ecco la differenza sostanziale che caratterizza un contatto diretto, per il quale io sono cosciente che questo stia avvenendo, mentre un contatto indiretto si verifica a mia insaputa, dovunque.

Concentriamo la nostra attenzione sul contagio che avviene per contatto
indiretto. Quali sono le superfici che accolgono il virus? Quanto questo
sopravvive su di esse?

Generalmente, i coronavirus non sopravvivono nell’aria, ma riescono a sopravvivere su qualsiasi tipo di superficie con cui vengano a contatto. La tipologia di superficie ospitante può causare una variazione della vita del virus da poche ore sino ad arrivare anche a decine giorni.

La sua vita media sulle superfici dipende da molti fattori: infatti non è possibile definire con precisione il tempo di sopravvivenza in quanto condizionato da diversi parametri come il tipo di vettore, l’umidità residua, la temperatura, la presenza di materiale organico, la concentrazione virale iniziale, la natura della superficie sulla quale il virus si deposita.

Altro fattore influente sulla sopravvivenza dei coronavirus è la temperatura: 30-40°C riducono il tempo di persistenza di virus patogeni; mentre le temperature basse (4°C) lo prolungano oltre i 28 giorni. Inoltre, SARS-CoV-2 risulta estremamente stabile a temperatura ambiente e in un’ampia gamma di valori di pH (pH 3-10).

Una superficie sulla quale, inaspettatamente, si rileva un livello notevole di virus infettivo è la mascherina chirurgica, dove potrebbe essere ancora presente dopo sette giorni.

Quali sono i metodi e gli agenti chimici più efficienti nell’inattivazione del virus dalle superfici?

Come abbiamo detto fin qui, esiste una altissima probabilità che il virus rimanga, anche per periodi medio-lunghi, infettante e vivente su una superficie. Per questo adesso citeremo alcuni agenti chimici che riescono ad inattivare il virus dalle superfici, apportando una sana e corretta disinfezione. Ecco un breve elenco:

  • Alcol etilico, a partire dal 62% in concentrazione;
  • Perossido di idrogeno allo 0.5%;
  • Ipoclorito di sodio allo 0.1% (lasciando agire il cloro attivo almeno per 1 minuto);
  • Agenti biocidi, come la clorexidina digluconato e il benzalconio cloruro, che però risultano meno efficaci.

Come comportarsi in caso di disinfezione di superfici in casa e in luoghi pubblici?

In strutture pubbliche aperte alla collettività bisogna avere particolare considerazione all’applicazione di misure di pulizia e disinfezione nelle aree comuni (bagni, sale, corridoi, ascensori, ecc.), come misura preventiva generale. Inoltre, l’attenzione va concentrata su oggetti che vengono toccati frequentemente, come maniglie, pulsanti degli ascensori, corrimano, interruttori, maniglie delle porte, ecc..

Si consiglia l’osservanza di poche e semplici regole, come di seguito:

  • garantire un buon ricambio dell’aria in tutti gli ambienti, in maniera naturale aprendo le finestre e i balconi per circa 1 ora;
  • eseguire la disinfezione delle superfici, ad esempio toilette, lavandini e vasche da bagno con una soluzione disinfettante per uso domestico ipoclorito di sodio;
  • risciacquare con acqua pulita dopo 10 minuti di contatto con il cloro;
  • per l’igienizzazione di telefono, apparecchiature di controllo a distanza, maniglie delle porte, pulsanti dell’ascensore, ecc. si consiglia di utilizzare alcol etilico al 70%.

All’interno dell’ambiente domestico, invece, si tiene conto di due tempi d’intervento: uno dedicato alle lenzuola e alla biancheria e uno alla pulizia e disinfezione dei locali e delle superfici. I comportamenti da tenere sono pressoché identici a quelli elencati per la disinfezione dei luoghi pubblici, in più ci sarà solo da osservare più attenzione per la disinfezione della biancheria domestica, per la quale si rispetteranno i seguenti criteri per la cura della biancheria e delle lenzuola:

  • non agitare le lenzuola e la biancheria durante il cambio;
  • non appoggiare le lenzuola e la biancheria al corpo;
  • lavare tutti i tessuti (es. biancheria da letto, tende, ecc.) con un ciclo ad acqua calda a 60°C per almeno 30 minuti con un comune detersivo per il bucato. Se non è possibile utilizzare un ciclo ad acqua calda (a causa delle caratteristiche dei tessuti, è necessario aggiungere prodotti chimici specifici per il lavaggio es. candeggina o prodotti per il bucato contenenti ipoclorito di sodio o prodotti di decontaminazione sviluppati appositamente per l’uso su tessuti).

Concludendo…

Ci ritroviamo ancora dopo un anno in una situazione di pandemia e di risalita dei contagi, vuol dire che qualcosa non sta andando per il verso giusto, ma senza entrare nel merito, il nostro consiglio è quello di praticare il più possibile una corretta sanificazione sia personale che degli ambienti in cui abitiamo e siamo di passaggio. In questo primo articolo vi abbiamo fornito delle indicazioni per mantenere le superfici più igienizzate possibile; nel prossimo, vi illustreremo quali sono le possibilità di purificazione dell’aria in un ambiente e come metterle in pratica.

BIBLIOGRAFIA

https://www.iss.it/documents/20126/0/Rapporto+ISS+COVID-
19+n.+20_2020.pdf/2877483a-49cf-9e41-a173-03e9ab18f00e?t=1589185558757

Dott.ssa Dalila Solimeni

Farmacista di professione, ma con una profonda passione per la divulgazione scientifica.

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Carlo Barbera
Carlo Barbera
30 Marzo 2021 21:54

Nozioni interessantissimi. grazie, dottoressa Dalila solimeni.