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Una patologia rara: La Malattia di Fabry 

La malattia di Anderson–Fabry o malattia di Fabry è una malattia rara da accumulo lisosomiale; i lisosomi sono vescicole di circa un micron di diametro ripiene di enzimi litici e hanno la funzione di isolare questi enzimi dal resto della cellula, che, altrimenti, verrebbe attaccata e demolita.
I lisosomi servono quindi alla cellula per digerire particelle estranee. 

Nelle malattie da accumulo lisosomiale vi è dunque un malfunzionamento dei lisosomi  il quale dipende da un deficit enzimatico comportandone un accumulo anomalo, all’interno dei lisosomi stessi, di lipidi o glicoproteine, con conseguente perdita della funzione cellulare.

Nella Malattia di Fabry la carenza dell’enzima alfa-galattosidasi A porta ad un acculumo a livello lisosomiale di glicosfingolipidi, in particolare globotriaosilceramide (Gb3), nei tessuti viscerali e nell’endotelio vascolare di tutto l’organismo, con danni irreversibili a livello renale, cardiaco e del sistema nervoso centrale, tali da compromettere qualità e aspettativa di vita.

Come si trasmette la Malattia di Fabry?


La trasmissione della malattia è ereditaria ed è causata da mutazioni a livello del gene GLA, situato sul cromosoma X. 

In condizioni di normalità (quindi in assenza di mutazioni), questo gene codifica (ossia produce) un enzima lisosomiale, chiamato alfa-galattosidasi A, che ha un ruolo fondamentale nello scomporre in componenti più semplici. 

Nelle persone con malattia di Fabry, invece, il gene GLA mutato produce meno alfa-galattosidasi A del necessario e ciò comporta il progressivo accumulo di molecole integre (ossia non scomposte) di globotriesosilceramide, all’interno dei lisosomi, con conseguente danno e sofferenza per le cellule interessate.
In altre parole, mentre nelle persone con GLA sano si assiste alla scomposizione corretta del globotriesosilceramide all’interno dei lisosomi, nelle persone con GLA mutato lo stesso processo di scomposizione è insufficiente a soddisfare le esigenze di una cellula e per questo stanno male.

Quali organi e tessuti risentono maggiormente delle mutazioni di GLA?

Nei soggetti con malattia di Fabry, le cellule del corpo umano che maggiormente risentono delle mutazioni a carico di GLA sono:

  • Le cellule che compongono la parete dei vasi sanguigni,
  • Le cellule dei reni,
  • Le cellule del cuore
  • Le cellule del sistema nervoso (neuroni).

Questa informazione è importante per capire il motivo della sintomatologia che caratterizza la malattia di Fabry.

Una componente importantissima, come precedentemente citato, è l’ereditarietà in quanto, sappiamo bene che il cromosoma X è presente in una sola copia nei soggetti di sesso maschile, mentre è presente in doppia copia nelle persone di sesso femminile. 

Questa differenza fa sì che la malattia di Fabry venga ereditata in modo diverso a seconda del sesso.

Le madri, ad ogni concepimento, hanno una probabilità del 50% di trasmettere il gene difettoso ai propri figli, siano essi di sesso maschile o femminile. 

I padri con la malattia di Anderson-Fabry non trasmettono il gene difettoso ai propri figli maschi (che ereditano il cromosoma Y), mentre trasmettono a tutte le figlie femmine il cromosoma X con la mutazione.

Anche l’espressione della malattia può essere diversa in base al sesso. 

Tutti i maschi con la mutazione del gene GLA nel loro cromosoma X manifestano la malattia, poiché hanno una sola copia del gene, mentre le femmine, avendo invece anche una copia normale del gene, possono avere manifestazioni di malattia di diverso grado (anche se usualmente più lievi dei maschi) in funzione di un complesso meccanismo genetico noto come inattivazione del cromosoma X. 

Il sesso influisce quindi sulla gravità della malattia, con le persone di sesso maschile maggiormente colpiti rispetto a quelle di sesso femminile.

Quali sono i principali sintomi?

Si tratta quindi di una malattia multisistemica in cui l’accumulo progressivo di glicosfingolipidi porta ad un coinvolgimento di quasi tutti gli organi e tessuti dell’organismo. L’evoluzione e le manifestazioni cliniche di malattia sono molto variabili da individuo a individuo, anche all’interno della stessa famiglia.

La malattia ha il suo esordio sin dalla prima infanzia e i bambini affetti presentano sintomi non specifici (febbre, stanchezza con una scarsa tolleranza all’attività fisica, mal di testa, dolori addominali con diarrea/stipsi, bruciori alle mani e ai piedi, vertigini e tinnito) che rendono piuttosto difficile la diagnosi, che può arrivare in età adulta, anche con grande ritardo, quando si manifestano disturbi più gravi come disturbi cardiovascolari, cerebrovascolari e renali.

Infatti in fase avanzata, la malattia di Fabry tende a coinvolgere organi e strutture anatomiche importanti, come i reni, il cuore e i vasi sanguigni cerebrali, recando loro danno e pregiudicandone la funzione e causando infarto del miocardio, aritmie cardiache, valvulopatie, cardiomiopatia restrittiva, insufficienza cardiaca, insufficienza renale e non ultima la predisposizione agli episodi di trombosi, ictus e attacchi ischemici transitori.

Qual è la terapia da seguire?

Per quanto concerne la terapia: il trattamento della malattia di Fabry consiste in una terapia enzimatica sostituiva, che prevede la somministrazione al paziente di una replica, creata in laboratorio, dell’enzima originale mancante, ossia l’alfa-galattosidasi A.
Quindi, lo scopo della terapia enzimatica sostitutiva è quello di mettere a disposizione dei malati qualcosa che sia in grado di mimare le funzioni dell’enzima normale, fisiologico.
La terapia enzimatica sostitutiva, studiata per la malattia di Fabry, non consente di curare quest’ultima; la mutazione a carico di GLA, purtroppo, permane per tutta la vita; ma permette di alleviare l’intera sintomatologia (dolore in particolare) con buoni risultati.

Dott.ssa Valeria Colucci

Farmacista di professione, nutre una profonda passione per la divulgazione scientifica.

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