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Fake news e dissonanza cognitiva: quando un like vale più della dignità

C’è una verità elementare a cui l’uomo moderno sa difficilmente sottrarsi: che si parli di Coronavirus, di vaccini, di immigrati o di governo, la minaccia fake news è costantemente, rovinosamente in agguato.

Cosa sono le fake news?

Parliamo di notizie false e tendenziose, dotate di titoli accattivanti su contenuti di attualità, pettegolezzi o complotti, capaci di attirare l’attenzione di molti e di disorientare i lettori meno attenti.

Queste verità distorte riescono ad affermarsi rapidamente grazie all’avvento inarrestabile dei mezzi di comunicazione di massa, influenzando o indignando, soprattutto, ma non esclusivamente, quella parte di opinione pubblica meno avvezza al giudizio critico.

Dietro la diffusione di fake news si possono celare le più disparate figure, partendo da vere e proprie agenzie di diffusione mediatica, passando per giornalisti deontologicamente poco corretti, fino a buontemponi che, forse colposamente, forse dolosamente, propongono visioni di realtà alternative, o del tutto fantasiose.

Aggiungiamo pure alla lista, con tutto il beneficio del dubbio, quelle persone che, con ingenua ma superficiale faciloneria, si credono in possesso di notizie che in pochi privilegiati detengono, motivo per cui si sentono quasi investiti del dovere di diffondere il vero ad amici e parenti.

L’amara verità, però, è che in tal modo chiunque, armato di fini oscuri, o alla ricerca di popolarità cibernetica, o, ancora, solamente sciocco, può creare, pubblicare o condividere notizie, senza che vi sia un efficace controllo della loro veridicità, a causa di una legislazione ancora piuttosto carente in merito.

È così che prendono vita teorie complottiste, così che si fomentano intolleranze razziali, così che, come sta avvenendo in questi ultimi giorni, si acuiscono i disagi di un paese già messo a dura prova.

Perché, senza doversi palesare con nomi e cognomi, è spesso facile nascondersi dietro schermo e tastiera. Così come, altrettanto spesso, risulta facile, dalla parte opposta dello schermo, leggere e credere che quelle parole, lette o ascoltate, corrispondano a verità.

Se, da una parte, chiunque potrebbe essere adescato da fake news ben infiocchettate, è pur possibile delineare un profilo della vittima per eccellenza di notizie truffaldine.

Livello educativo, età, intelligenza sociale e giudizio critico sono, per certo, variabili molto importanti. A ciò si aggiungono lo stato emotivo e la percezione del sensazionalismo veicolato dalla notizia.

Per questo capita che, come il presente ci sta insegnando, i contenuti semplici, o peggio, semplicistici, in momenti di complessità e di emergenza, si presentano come pillole ben più facili da mandare giù.

Poco importano la veridicità e l’accuratezza dell’informazione che sta passando.

Poco importa se qualcuno ci stia sciacallando su.

Sebbene, infatti, assumere un atteggiamento sanamente scettico sia a priori una modalità per lo più corretta di procedere nella scoperta del mondo, all’atto pratico tutto ciò presenta un costo sia in termini di tempo che in termini psichici. Energie che ai più non interessa investire, un po’ per pigrizia, un po’ per mancanza di motivato interesse.

Ma c’è di più.

Dal punto di vista psicologico, la teoria della dissonanza cognitiva aiuta a comprendere i movimenti intellettuali che fanno soccombere la massa alla credenza facile di notizie semplici.

Secondo Leon Festinger, psicologo sociale che formulò questa teoria negli anni ‘50, quando un individuo si trova a gestire comportamenti o pensieri tra loro contrapposti o incompatibili, permane in uno stato di disagio psicologico e incapacità di giudizio definito dissonanza cognitiva. Per uscire da questo stato di indecisione e ripristinare l’autostima e la fiducia nelle proprie convinzioni, gli individui tendono ad operare in due possibili modi:

  • produrre un cambiamento nel contesto;
  • produrre un cambiamento nel proprio comportamento o nel proprio sistema cognitivo.

Nel primo caso, ad esempio, si può essere indotti a pubblicare e fomentare la diffusione di fake news per creare il background più utile ai propri scopi.

Nel secondo caso, invece, ci si può lasciar abbindolare dalle conclusioni semplicistiche veicolate dalle fake news, piuttosto che mettere in discussione le proprie capacità di pensiero logico ed il proprio sistema di visione del mondo.

In altre parole, prima di rivalutare criticamente il proprio pensiero, l’uomo, con più o meno consapevolezza, è portato a ricercare ed avvalorare le informazioni che già convalidano le sue tesi, pur se eventualmente non corrette, contraddicendo tutto ciò che non collima con le sue idee.

Tutto questo avviene poi a maggior ragione se tali notizie sono sensazionalistiche, se possono screditare possibili competitors o, ancora, se possono far vincere like nel meraviglioso mondo dei social.

Infine, ultimo, ma non per importanza, è il concetto di frequenza alla base di un bias cognitivo da non sottovalutare. Secondo un principio non scritto della comunicazione, la ripetizione per circa 10 volte di un’informazione, soprattutto se proveniente da fonti diverse, la rende, quasi automaticamente, assimilabile a verità.

Questa è un’altra modalità del meschino insinuarsi di notizie decisamente poco attendibili, nella nostra testa.

Per tali motivi, consci delle debolezze intrinseche ed estrinseche cui siamo sottoposti, è assolutamente opportuno imparare a districarsi nei tendenziosi tra mass-mediologi infingardi, presunte competenze giornalistiche, ipocriti cantastorie e sedicenti politicanti.

Perché un futuro migliore, scevro di subdole idiozie, dipende da tutti noi.

Perché, senza crogiolarsi nell’onnipotenza dell’essere tutti tuttologi in un mondo digitale, l’arduo compito di dare un’informazione seria va lasciato alla responsabilità delle fonti competenti.

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