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Placenta previa: quanto conosciamo davvero di questa patologia?

Sono tante le patologie che affliggono le donne durante il periodo delicato della gravidanza. Di alcune patologie si hanno più informazioni a riguardo, come in particolare quelle patologie del primo trimestre di gravidanza, nonché il periodo più delicato e con maggior rischio di concludere la gravidanza in maniera involontaria.

È vero però che esistono anche delle patologie che si sviluppano dopo il primo trimestre e che non sono da sottovalutare in quanto possono arrecare danno sia al feto, che alla madre.

Quanto sappiamo di queste patologie? Quanto le donne vengono informate?

Per ovviare a questo dubbio, oggi ci soffermeremo a parlare della patologia della placenta previa, patologia che insorge già nel secondo trimestre di gravidanza ma che molto spesso si manifesta e arreca danno nel terzo trimestre.

Prima però diamo un occhio all’anatomia…

Cos’è la placenta? Che funzioni ha?

La placenta è considerata a tutti gli effetti un organo e si definisce però “organo deciduo”, ossia temporaneo, proprio perché si forma e si sviluppa solo in seguito a concepimento e a sviluppo di una gravidanza; questo viene poi espulso dalla madre alla fine del periodo gravidico, conseguentemente all’espulsione del feto.

La placenta è un organo ricco di vasi sanguigni, la cui principale funzione è quella di apportare all’embrione prima e al feto poi, le sostanze nutritive attraverso il sangue (sempre attraverso il circolo ematico madre-figlio). Ha inoltre il compito di recuperare le sostanze di scarto prodotte dal feto e produrre un effetto di termoregolazione.

Anatomicamente la placenta si lega alla parete superiore dell’utero e attraverso il cordone ombelicale riesce a proiettarsi nel feto, adducendo e ritirando tutte le sostanze che abbiamo già precedentemente menzionato.

Cos’è la placenta previa? Cosa causa?

La placenta previa è un fenomeno in cui si vede modificata la sede anatomica della placenta che, anziché posizionarsi nella parte superiore dell’utero, risiede nella parte bassa, o nel collo dell’utero o in parte più marginale e può trovarsi, quindi, a chiudere la cervice uterina, occludendo la via d’uscita deputata a favorire l’espulsione del feto durante il parto.

La possibilità di formazione di questa condizione patologica è peculiare di ogni momento della gravidanza, si può intuire però che la sua gravità aumenti esponenzialmente all’avvicinarsi del momento del parto, in quanto la placenta cosi posizionata va a creare un blocco all’espulsione del feto e causa forti sanguinamenti vaginali dalla 24esima settimana in avanti.

Il sanguinamento che causa è da tenere fortemente sotto controllo, poiché potrebbe comportare rischio di sanguinamento e dissanguamento per la madre, scarso accrescimento del feto e sofferenza fetale. Tra le altre complicanze, la placenta potrebbe staccarsi dall’utero privando il feto dell’apporto di sangue. Inoltre, il passaggio del bambino attraverso il canale del parto può lacerare la placenta provocando un’emorragia.

Quante donne ne sono colpite? Quali i fattori di rischio?

La placenta previa si verifica in 1 parto su 250. Fino al 2% delle gestanti evidenzia una placenta previa nel 2° trimestre che viene rivelata grazie ad una comune ecografia. Tuttavia, può accadere che questo problema si risolva autonomamente in oltre il 90% dei casi prima del parto, per il restante 10%, vedremo più avanti come si interviene.

Esistono diversi fattori di rischio, tra cui: l’aver avuto delle precedenti gravidanze (molto probabilmente anche concluse con un parto cesareo); gravidanze in cui ci sono stati dei parti plurimi, come parto gemellare, o feti multipli; altre condizioni patologiche preesistenti, come la presenza di strutture anomale cresciute all’interno dell’utero, come i fibromi, o aver subito una operazione proprio per l’asportazione di questi ultimi.

Infine da non sottovalutare i fattori di rischio più diffusi, legati allo stile di vita come il fumo e la decisione di avere una gravidanza in età avanzata.

Cosa fare? Come trattare questa situazione patologica?

Quando si presenta sanguinamento dal secondo trimestre di gravidanza in poi, è necessario contattare subito il proprio ginecologo se la situazione inizia a definirsi incontrollabile, ossia quando il sanguinamento è abbondante e non accenna a fermarsi. Spesso, fa seguito un ricovero d’urgenza con interruzione di ogni tipo di attività, per limitare ogni movimento che possa causare ancora più danno. Questo periodo di riposo deve intendersi come l’astensione da qualsiasi sforzo fisico, tanto che si sconsiglia anche di avere rapporti sessuali durante questo periodo.

Gli esiti del ricovero possono essere di due nature differenti: la prima è sicuramente quello di arginare l’emorragia e prolungare più possibile la gravidanza; qualora invece la situazione fosse irreparabile, si ricorre al parto in urgenza, per non arrecare danno al feto o alla madre.

Per situazione critica vengono intesi i seguenti casi:

  • sanguinamento abbondante o inarrestabile;
  • frequenza cardiaca fetale anomala (che indica mancanza di ossigeno);
  • pressione sanguigna della madre troppo bassa.

In questi casi si ricorre al parto cesareo d’urgenza che viene appositamente fatto prima dell’inizio del travaglio.

Concludendo…

A volte le situazioni estreme possono essere arginate, anche solo con un po’ di informazione e con dei controlli routinari ma anche eccezionali, qualora l’occasione lo richiedesse. Per questo, consigliamo a tutte le mamma di fare attenzione ad ogni piccolo sintomo, senza però incorrere in paranoie inutili.

Buona gravidanza a tutte le mamme!

FONTI

https://www.msdmanuals.com/it-it/professionale/ginecologia-e-ostetricia/anomalie-della-gravidanza/placenta-previa

 

 

Dott.ssa Dalila Solimeni

Farmacista di professione, ma con una profonda passione per la divulgazione scientifica.

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