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Cistifellea e calcoli biliari

La cistifellea

La cistifellea detta anche colecisti o vescicola biliare è un organo appartenente all’apparato digerente. Si tratta di una vescicola piriforme che si trova sulla superficie inferiore del fegato. Il compito principale della cistifellea consiste nel raccogliere la bile, un liquido giallo-verdastro coinvolto nella digestione dei grassi. Questo liquido prodotto dal fegato giunge, attraverso i dotti epatici, alla cistifellea dove viene immagazzinato e concentrato. Durante la digestione, le contrazioni della cistifellea permettono alla bile di fuoriuscire lungo un dotto chiamato coledoco. Il coledoco trasporta la bile verso l’intestino tenue dove viene riversata attraverso un orifizio detto sfintere di Oddi. Qui la bile ha il ha il compito di facilitare la digestione e l’assorbimento sia dei grassi che delle vitamine liposolubili. Inoltre neutralizza l’acidità del contenuto digestivo nel passaggio dallo stomaco all’intestino.

 

Composizione della bile

La bile è composta per circa l’80% da acqua. Il restante contenuto si suddivide in sali biliari (  ̴ 10%), fosfolipidi (  ̴ 4%), colesterolo (  ̴ 1%), bilirubina ed elettroliti. Il colesterolo è insolubile in acqua ed è tenuto in sospensione dai fosfolipidi e dai sali biliari che agiscono da emulsionanti. I sali biliari sono composti da due derivati del colesterolo prodotti nel fegato (l’acido colico e l’acido deossicolico) che vengono coniugati agli aminoacidi glicina e taurina e, grazie all’ambiente alcalino della bile, formano sali solubili di potassio e sodio. Le corrette proporzioni dei diversi componenti della bile sono di fondamentale importanza per il mantenimento di una bile non litogena, ossia non favorente la formazione di calcoli.

 

Calcolosi biliare

In particolari condizioni, il colesterolo e i pigmenti biliari possono precipitare e dare origine a piccoli cristalli che con il tempo tendono ad ammassarsi ed aumentare di dimensione. Si parla in questo caso di calcoli biliari. Vi sono diversi tipi di calcoli in base alla loro composizione: puri, pigmentati e misti. I calcoli puri (  ̴ 10% dei casi) sono formati da solo colesterolo e sono in genere di grandi dimensioni. Quelli pigmentati (  ̴ 10-15% dei casi) sono costituiti da bilirubina non coniugata e sono di colore bruno. Si parla invece di calcoli misti (  ̴ 80% dei casi) quando nella composizione troviamo sia colesterolo che bilirubina.

La calcolosi biliare colpisce circa il 10% della popolazione. Nonostante le cause possano essere svariate, è stata notata una forte correlazione con dislipidemie, diabete, stress cronico, esposizione cronica a tossine ambientali o assunzione di alcune categorie di farmaci. Fortunatamente nella maggior parte dei casi i calcoli alla cistifellea sono asintomatici. Generalmente infatti sono scoperti casualmente e non causano sintomi o complicanze negli anni successivi alla diagnosi. In una percentuale minore di pazienti si possono presentare disturbi a carico dell’apparato gastro-intestinale quali difficoltà digestive, nausea e vomito. La complicanza più grave si ha quando i calcoli si spostano dalla cistefellea verso il coledoco, ossia il dotto di collegamento con l’intestino. Ciò avviene con più probabilità per i calcoli di piccole dimensioni che hanno maggiore mobilità. Spostandosi questi calcoli possono andare ad occludere sia i dotti biliari che i dotti pancreatici. Si viene così a creare un ostacolo alla fuoriuscita sia della bile che dei succhi pancreatici. Se questo blocco persiste, gli enzimi si accumulano nel pancreas e cominciano a digerirne le cellule, causando una grave infiammazione chiamata pancreatite acuta. In seguito ad episodi di calcolosi biliare sintomatici ripetuti o con gravi complicanze può essere consigliato l’intervento di asportazione della colecisti, detto colecistectomia.

Trattamento convenzionale

Ad oggi i farmaci più utilizzati a scopo profilattico sono l’acido ursodesossicolico, l’ezetimibe e le statine. Tuttavia la terapia attuale presenta qualche limitazione in particolare sulla capacità di dissoluzione dei calcoli già formati. La ricerca in passato si è concentrata principalmente sull’individuazione di farmaci che agissero sulla secrezione biliare o sull’assorbimento intestinale di colesterolo. Vi è però un altro aspetto rilevante e ad ora poco considerato: la produzione di specie reattive dell’ossigeno, ovvero di molecole ossidanti che svolgono un ruolo importante nella patogenesi dei calcoli biliari.

 

Regole generali di prevenzione

E’ possibile individuare alcune misure generali di prevenzione. Innnanzitutto l’eliminazione di una eventuale condizione di obesità, la pianificazione di pasti ad intervalli regolari ed un regolare esercizio fisico. Sono assolutamente sconsigliate diete drastiche con cali ponderali superiori a 1,5 kg/ settimana o digiuni prolungati. Alcune utili misure dietetiche confermate anche da studi su modelli animali comprendono una riduzione del contenuto di grassi saturi ed un corretto apporto di grassi polinsaturi. Anche la predilezione per proteine di origine vegetale è stata segnalata come fattore positivo.

 

Ravanello nero, un promettente alleato di prevenzione

Il ravanello nero è una pianta appartenenete alla famiglia delle crucifere con una lunga tradizione etnobotanica nel trattamento dei calcoli biliari nella medicina tradizionale messicana. Il succo di ravanello nero ha dimostrato in diversi modelli biologici proprietà ipocolesterolemizzanti, preventive della calcolosi biliare e soprattutto antiossidanti. E’ un depurativo e disintossicante epatico che sembra stimolare il transito della bile rendendola più fluida. Queste proprietà potrebbero essere particolarmente rilevanti nel trattamento e prevenzione di calcoli di colesterolo o di calcoli misti. L’effetto sembrerebbe correlato a specifiche molecole, quali la glucorafanina e il metabolita sulforafano, in grado sia di esercitare un’azione sul metabolismo lipidico, sia di agire da potenti disintossicanti ed antiossidanti. Ad ora le indagini sulle proprietà di questa pianta sono tuttavia preliminari. Nonostante qualche incoraggiante risultato è senza dubbio necessario uno studio più approfondito ed una più ampia caratterizzazione fitochimica dei componenti per definirne il possibile ruolo preventivo o curativo a supporto della terapia convenzionale.

FONTI

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Dott.ssa Miriam Girardini

Laurea Magistrale in Farmacia. PhD in Scienze del Farmaco, delle Biomolecole e dei Prodotti per la Salute. Nutre una profonda passione per la divulgazione scientifica

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