
Gli anticoagulanti orali appartengono alla classe dei farmaci dell’apparato cardiovascolare, la categoria maggiormente impiegata dagli italiani. In particolare, quasi un milione di pazienti è sottoposto a terapia anticoagulante.
Per cosa si utilizzano?
Tali farmaci salvavita sono indicati nel trattamento di numerose condizioni patologiche (infarto, ictus, embolia, trombosi venosa e arteriosa), tutte riconducibili a fenomeni impropri che si verificano a carico della cascata della coagulazione del sangue.
La coagulazione ematica
La coagulazione ematica è un processo unico che, in condizioni fisiologiche (emostasi), promuove i processi di riparazione di una ferita mediante la formazione transitoria e localizzata di un “tappo emostatico” (coagulo) in grado di interrompere la fuoriuscita di sangue dal vaso danneggiato. Si tratta, perciò, di un meccanismo di difesa finalizzato al mantenimento dell’integrità dei vasi sanguigni e della fluidità del sangue. Si verifica, tuttavia, la possibilità che il coagulo in questione venga a formarsi in un momento o in punti sbagliati diventando di impedimento e ostacolo alla normale circolazione del sangue. Ciò può causare gravi eventi cardiovascolari quali:
- ictus, caratterizzato da scarso apporto di sangue al cervello con consecutiva morte delle cellule cerebrali e possibilità di danni permanenti (a volte fatali) a carico del paziente;
- attacco ischemico transitorio, che si manifesta con un deficit neurologico temporaneo (per un tempo inferiore ai 60 minuti) solitamente senza danni cerebrali permanenti;
- infarto cardiaco, derivante dalla completa ostruzione di un vaso sanguigno diretto al cuore (con conseguenze a volte fatali);
- trombosi venosa profonda, che si verifica in una vena profonda del corpo, tipicamente delle gambe, e si manifesta con forte dolore e gonfiore;
- embolia polmonare, causata da interruzione dell’apporto di sangue ai polmoni.
Terapia anticoagulante
Lo scopo della terapia a base di anticoagulanti orali consiste proprio nel curare e prevenire la formazione di coaguli indesiderati (trombi) responsabili delle suddette condizioni patologiche.
Gli anticoagulanti orali, attualmente impiegati in terapia, sono gli anti-vitamina K (AVK) e i nuovi anticoagulanti orali (NAO), entrambi presenti in commercio sotto forma di capsule o compresse.
Gli anti-Vitamina K: AVK
Gli anti-vitamina K (AVK), conosciuti anche come anticoagulanti cumarinici (poiché derivati chimicamente dalla cumarina), sono stati per oltre 60 anni gli unici farmaci disponibili in terapia anticoagulante assunta per via orale. Tra questi ricordiamo il warfarin (Coumadin®) e l’acenocumarolo (Sintrom®).
Come funzionano?
Il loro meccanismo d’azione consiste nella capacità di interferire con le funzioni della vitamina K, la quale è strettamente coinvolta come cofattore nei processi di sintesi di vari fattori della coagulazione vitamina K-dipendenti che avvengono nel fegato. In particolare, l’anticoagulante, agendo sul ciclo ossido-riduttivo della vitamina K, esercita un’azione indiretta in grado di inibire la sintesi di quei fattori responsabili della formazione di un coagulo. Per tale motivo, riferendoci agli AVK, potremmo parlare di “anticoagulanti indiretti”.
Monitorare la coagulazione ematica
La terapia con gli AVK richiede l’esecuzione di periodici prelievi di sangue da sottoporre a controllo laboratoriale mediante il test del “tempo di protrombina” (PT) il cui risultato, per i pazienti in terapia, deve essere numericamente compreso tra 2.0 a 3.0 e espresso con il valore universale di riferimento INR (International Normalized Ratio). Lo scopo del test è quello di ottenere un dato affidabile sulla base del quale valutare la dose di farmaco efficace e sicura per il singolo paziente e provvedere a graduali “aggiustamenti” della stessa nel corso della terapia. Regolando la posologia, è così possibile controllare la coagulazione in maniera che il paziente sia protetto dalla trombosi, ma abbia ancora una “riserva” di coagulazione sufficiente a evitare emorragie.
Inoltre, da qualche anno, l’INR può essere valutato anche avvalendosi di coagulometri portatili. Questi dispositivi (piuttosto costosi e non rimborsabili dal Sistema Sanitario Nazionale) sono di uso semplificato e si avvalgono di cartucce monouso alle quali si aggiunge una goccia di sangue capillare così da effettuare l’auto-test.
I nuovi anticoagulanti: i NAO
I nuovi anticoagulanti orali (NAO) invece, introdotti nel mercato farmaceutico negli ultimi anni, a differenza dei loro predecessori, non richiedono il monitoraggio di routine in laboratorio per valutare la coagulazione del sangue (PT e INR) né aggiustamento posologico. È, tuttavia, possibile che il medico prescriva occasionalmente dei test di laboratorio in circostanze particolari come il manifestarsi di eventi avversi o prima di un intervento chirurgico.
Come funzionano?
I NAO esplicano la loro azione anticoagulante in maniera diretta e selettiva, inibendo specifici fattori della coagulazione. In particolare, gli anticoagulanti di nuova generazione autorizzati dall’AIFA sono apixaban (Eliquis®), edoxaban (Lixiana®), e rivaroxaban (Xarelto®) che agiscono come inibitori diretti del fattore Xa e dabigatran (Pradaxa®) che agisce come inibitore diretto della trombina.
Inoltre i NAO manifestano una rapida azione anticoagulante rispetto agli AVK: agiscono già due ore dopo la somministrazione, ma il loro effetto diminuisce assai più rapidamente.
Alla luce di questo, sia per gli AVK che per i NAO, risulta di fondamentale importanza rispettare l’aderenza alla terapia, con attenzione alle dosi e agli orari di somministrazione, affinché possa essere garantita la loro efficacia e sicurezza.
La prescrizione di anticoagulanti orali è contemplata in presenza di fattori di rischio quali:
- fibrillazione atriale;
- precedenti episodi di inappropriata formazione di coaguli;
- interventi chirurgici che comportano l’immobilizzazione prolungata;
- impianto di protesi valvolari cardiache (sulla cui superficie possono formarsi dei coaguli).
La durata del trattamento?
La durata del trattamento è variabile: può essere a breve termine (in caso di intervento, ad esempio) o può proseguire per tutta la vita nel caso in cui si soffra di una malattia cronica che predispone alla formazione di coaguli.
Come tutti i medicinali, gli anticoagulanti orali possono dare effetti indesiderati e, chiaramente, il più comune consiste in un sanguinamento eccessivo. Altri possibili effetti sono la sensazione di stanchezza, costipazione, difficoltà di digestione, prurito o eruzioni cutanee ecc.
Infine, sono da non trascurare: l’assunzione costante di vitamina K attraverso l’alimentazione (data la sua interazione con il warfarin) e le possibili interazioni con altri farmaci come FANS, antibiotici, corticosteroidi e antidepressivi che possono potenziare o ridurre gli effetti degli anticoagulanti orali con conseguenze pericolose per la salute.
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