fbpx

Il ruolo della vitamina D nel microbiota

La Vitamina D nel nostro organismo

La vitamina D è una vitamina liposolubile che funge da ormone steroideo. La sua fonte primaria deriva dalla conversione UVB mediata del 7-deidrocolesterolo, un processo che avviene nella pelle. Tale vitamina è un pro-ormone che necessita di essere metabolizzato per legarsi ai recettori nucleari al fine di regolare i processi fisiologici.

La carenza di vitamina D è molto comune in tutto il mondo ed è principalmente il risultato di un tempo sempre maggiore trascorso al chiuso e dell’incremento nell’uso di creme solari (utili a ridurre il rischio di cancro alla pelle).

Le funzioni della vitamina D nell’organismo umano sono molteplici. Essa è correlabile sia al benessere di ossa e denti che ad altre “mansioni” un po’ meno conosciute come:

  • il benessere del sistema immunitario;
  • la regolazione della resistenza insulinica;
  • la modulazione dell’infiammazione.

Quanto sopra descritto ha una stretta relazione con l’attività della vitamina D a livello intestinale, soprattutto per quanto riguarda la sua influenza sulla composizione batterica del microbiota.

Gli studi: la relazione tra Vitamina D e intestino

Alcuni nuovi approcci scientifici hanno messo in evidenza la possibile attività della vitamina D nella modulazione del fenomeno infiammatorio e, nella fattispecie, hanno tentato di dimostrare la relazione inversamente proporzionale tra la calprotectina fecale (marker infiammatorio intestinale generalmente utilizzato per monitorare malattie come l’IBS) e la concentrazione di vitamina D: più alta era la vitamina D più bassa era la calprotectina e, per estensione, l’infiammazione.

In realtà, la situazione non è così semplice. Infatti, altri studi clinici randomizzati non sono stati in grado di evidenziare con certezza il meccanismo d’azione di questa ipotetica modulazione infiammatoria intestinale. Nonostante ciò, risulta comunque evidente una relazione tra l’assunzione di vitamina D e una possibile modificazione nella composizione del microbiota.

Ciò che sembra abbastanza chiaro da esami condotti su modelli animali, è la possibilità di una riduzione di infiltrato batterico a livello dell’epitelio colonnare dell’intestino, con conseguente riduzione dell’infiammazione batterica. Difatti, alcuni topi geneticamente modificati per non esprimere il recettore “VDR” della vitamina D hanno sviluppato disbiosi severa; mentre, in altri studi, l’assunzione di vitamina D ha migliorato i sintomi della colite e le lesioni infiammatorie della malattia nei modelli murini.

Vitamina D e microbiota: le specie batteriche intestinali

In uno studio, l’integrazione di vitamina D è stata associata ad un’abbondanza di genus Lachnospira e ad una minore quantità di genus Blautia. I partecipanti che avevano raggiunto una concentrazione di 25-OH-vitD superiore a 75 nmol/L dopo un periodo di integrazione, al follow-up avevano una maggiore abbondanza di Coprococcus e minore quantità di Ruminococcus rispetto a coloro i quali avevano concentrazione di 25-OH-vitD minore di 50 nmol/L.

In altri studi, la concentrazione sierica di 25-OH-vitD è stata dimostrato essere correlata all’abbondanza di specifici generi batterici. In particolare, in uno studio con 3188 pazienti affetti da sindrome dell’intestino irritabile, concentrazioni sieriche elevate di 25-OH-vitD erano associate ad un rischio più basso di infezione da Clostridium difficile. In un altro studio ancora, condotto su 150 giovani adulti sani è stata dimostrata una più alta quantità di Prevotella e una minore quantità di Haemophilus e Veillonella nei soggetti con una più elevata concentrazione di vitamina D.

Molte evidenze, sia in vitro che in vivo, dimostrano quindi il ruolo chiave della vitamina D nella funzione e nella composizione del microbiota intestinale (fecale), così come nell’infiammazione indotta e nella risposta immune innata.

Da altre evidenze, invece, come quelle emerse da uno studio controllato randomizzato che ha coinvolto 27 pazienti con il morbo di Crohn in remissione, non emerge una differenza significativa tra la quota di calprotectina fecale presente dopo la somministrazione di vitamina D e quella presente dopo la somministrazione del placebo.

Approfondendo le proprietà dei diversi generi batterici sopra citati possiamo definire quanto segue:

  • il genere Lachnospira è risultato essere meno presente in adulti obesi rispetto ad adulti magri e, in particolare, bambini con concentrazioni più basse di Lachnospira mostravano un aumentato rischio di sviluppo di asma rispetto ai controlli. Ciò potrebbe suggerire un effetto positivo di Lachnospira sul BMI e sulla risposta immunitaria;
  • il Coprococcus è elevato in bambini che vivono con animali domestici e in anziani che vivono in comunità rispetto a coloro i quali vivono in strutture di assistenza agli anziani. In aggiunta, la sua carenza è stata evidenziata nei bambini autistici e nei pazienti affetti da HIV. Da queste considerazioni si può dedurre che l’abbondanza di Coprococcus è correlata ad un migliore stato di salute;
  • sia Blautia che Ruminococcus sono correlati a resistenza insulinica, HbA1c più elevato e stato infiammatorio in molti altri studi. Ne è emerso che, dopo l’integrazione con vitamina D, una diminuzione di questi due generi in soggetti sovrappeso o obesi potrebbe avere un impatto favorevole per la gestione della curva glicemica.

Conclusioni

Analizzando la letteratura si può quindi parlare di un netto impatto dell’integrazione di vitamina D sul microbiota fecale in soggetti sovrappeso o obesi carenti di vitamina D: la sua assunzione potrebbe, insomma, avere un effetto favorevole sul BMI, sulla resistenza insulinica e sull’infiammazione nella popolazione di questo tipo.

Tuttavia la strada da percorrere è ancora in salita: negli studi considerati è analizzato solamente il microbiota fecale che potrebbe non rappresentare appieno il microbiota tissutale o il microbiota residente nel tratto GI superiore.

La significatività dei risultati analizzati dovrebbe essere ulteriormente avvalorata da studi longitudinali: ad oggi ci troviamo sicuramente di fronte ad un solido punto di partenza.

FONTI:

Effect of vitamin D supplementation on faecal microbiota: a randomised clinical trial,
Naderpoor et al., 2019

Cicero A. (a cura di), “Trattato italiano di nutraceutica clinica”, Ed. Scripta Manent, 2017

A cura del Dott. Davide Forlani 

Notificami
guest
0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments