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Internet Gaming Disorder: la sottile linea tra divertimento e dipendenza

Nell’era del digitale la gran parte delle persone, almeno una volta, ha provato un videogioco. Chi di noi non ha sentito parlare di SuperMario? O di Tetris? O dei famosi “giochi di ruolo”? Ormai è un mondo che è parte integrante della nostra quotidianità.

La nascita dei videogiochi la si può collocare nel 1985, anno in cui uscivano sul mercato le prime piattaforme con le varie tipologie di giochi che, sviluppati e migliorati negli anni, rappresentano la base di quelli moderni. Si parla però, fino ai primi anni ’90, di giochi offline e dedicati all’intrattenimento individuale. In seguito, con l’avvento del 3D, si sono diffusi i primi giochi in cooperazione fino all’uscita, nel 1994, della console più famosa: la PlayStation, il vero salto in avanti verso il gioco come lo conosciamo oggi. Infine, dagli anni 2000, con l’arrivo della rete e delle connessioni private, è iniziata la possibilità di creare veri e propri mondi virtuali in cui convogliano migliaia di giocatori.

IGD: caratteristiche e sintomi

Il gioco, qualsiasi esso sia, se inserito in un contesto sano è da sempre considerato in modo positivo anche per i suoi fini educativi, sociali e terapeutici.

Ma nel nostro mondo in continua evoluzione, soprattutto nell’ambito dei giochi online, il confine tra divertimento e dipendenza è molto sottile, tanto che nel 2018 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha incluso la dipendenza da videogiochi nella Classificazione Internazionale delle Patologie (ICD), avvicinandola come quadro generale all’abuso di droghe e al gioco d’azzardo. Ancora prima, nel 2013, la dipendenza dalla rete come sindrome paragonabile al gioco d’azzardo patologico era stata inserita nel DSM-5, il Manuale Diagnostico e Statistico dei disordini Mentali (nel quale si menzionano anche i vari disturbi della personalità, i disturbi relazionali e mentali).

In particolare, con Internet Gaming Disorder (IGD) ci si riferisce all’uso persistente e ricorrente dei videogiochi in Internet, identificandolo come un disturbo comportamentale caratterizzato da preoccupazioni ed ossessioni, perdita di interesse, tendenza all’isolamento, incapacità ad affrontare i problemi reali e a socializzare al di fuori del network. Si stima che il 15% dei giocatori abbia sintomi di gioco problematico e tra questi, purtroppo, gli adolescenti sono i più colpiti.

Per giungere ad una diagnosi di IGD, è necessario osservare la persistenza di determinati sintomi per almeno 12 mesi. I principali sono:

  • isolamento sociale con conseguente perdita di contatto con la famiglia e gli amici;
  • peggioramento del rendimento accademico a causa delle ore spese nel gioco, con rischio di ritardo nell’apprendimento delle competenze e capacità promosse attraverso l’istruzione;
  • perdita della nozione del tempo;
  • disturbi del sonno;
  • problemi di vista;
  • dolori e malattie posturali;
  • accessi d’ira di fronte alle limitazioni al gioco e sintomi da astinenza.

Interessanti sono anche gli studi di neuroimaging funzionale e strutturale eseguiti sui soggetti con IGD che hanno rilevato anomalie nelle regioni del cervello che regolano il controllo cognitivo ed esecutivo, come il giro temporale superiore, la corteccia cingolata anteriore, la corteccia prefrontale dorsolaterale e la corteccia orbitofrontale.

Gioco online e relazioni con l’ambiente socio-familiare

Il gioco patologico è a tutti gli effetti un metodo per fuggire dalla realtà quando non si riesce ad affrontarla e sfrutta sistemi motivazionali legati alle ricompense, riuscendo a fare leva specialmente in soggetti con una ridotta autostima. Se pensiamo a quanto sia imperante nella nostra società, in questo momento, l’idea di dover essere sempre performanti, senza mai mostrare debolezze e fragilità, è evidente come sia facile che tante persone e, soprattutto i ragazzi, cadano in questo sistema per sentirsi accettati.

Una ricerca dell’Università La Sapienza ha studiato i fattori che possono contribuire alla suscettibilità al gioco patologico, comprendendo anche l’aspetto della socialità e del successo che si può raggiungere nel contesto virtuale.

Tra i vari fattori presi in considerazione spiccano la forte esigenza di ricevere ammirazione dagli altri, il non sentirsi soli nel gestire situazioni difficili e il far fronte a stress, ansia e depressione. In una fase delicata come può essere l’adolescenza, il bisogno di trovare una propria identità e al tempo stesso di sentirsi parte del gruppo, rendono molto più elevato il rischio di sviluppare una dipendenza da gioco online. Ciò che ad oggi è ancora in studio, ma nell’ambito della psicologia è già ampiamente valutato, è il contesto ambientale e familiare, la qualità della relazione genitori-figli e delle relazioni interpersonali. Questo rende fondamentale, nelle varie opzioni di trattamento terapeutico, il supporto ed il coinvolgimento dell’intero nucleo familiare.

Non è sempre dipendenza

Ovviamente il videogioco e, in generale, i giochi in rete non devono essere classificati a priori sempre come negativi: la dipendenza non ha a che fare con una legittima voglia di ragazzi e adulti di concludere un gioco coinvolgente, meccanismo che sta alla base anche di altre attività come ad esempio la lettura di un libro che ci piace o la visione di un film. È assolutamente nella norma anche avere un atteggiamento ostile quando si è costretti ad interrompere un’attività che ci gratifica e che ci crea delle emozioni. Il campanello d’allarme deve subentrare quando l’attrazione verso il gioco è totalizzante e si manifesta insieme ai sintomi di cui sopra.

L’argomento merita sicuramente un trattamento ampio e valutazioni sotto vari aspetti, da quello psicologico a quello medico. Come sempre, anche nel gioco come in tutte le cose, la virtù sta nel mezzo.

FONTI

https://www.who.int/news-room/q-a-detail/addictive-behaviours-gaming-disorder

Hauge, Marney R. and James Robert ‘Paynee’, Video game addiction among adolescents: Associations with academic performance and aggression.  April 2003

Bussone S, Trentini C, Tambelli R, Carola V. Early-Life Interpersonal and Affective Risk Factors for Pathological Gaming. Front Psychiatry. 2020 May 15;11:423. doi: 10.3389/fpsyt.2020.00423. PMID: 32499728; PMCID: PMC7242761.

 

 

Dott.ssa Rita Bernardi

Farmacista di professione, ma con una profonda passione per la divulgazione scientifica.

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