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Gli Speziali: quando Scienza ed Arte erano indissolubili

Sin dal Medioevo a Firenze erano state istituite le Sette Arti Maggiori, ovvero corporazioni delle arti e dei mestieri. Si trattava di associazioni laiche che riunivano gli appartenenti ad una stessa categoria professionale o chi esercitava lo stesso mestiere. Esse raccoglievano, dunque, i maestri di una determinata arte e rivestivano una funzione politica ed economica a supporto della città poiché dotate di una salda organizzazione interna.
Gli speziali svolgevano il loro lavoro a Firenze e facevano parte della corporazione “Arte dei Medici e Speziali”. La figura dello Speziale rappresentava quella dell’odierno farmacista, ma più libero nella formulazione e meno sommerso dalla burocrazia. Forse è anche per questo motivo che i mastri fiorentini non erano solo alchimisti, ma veri e propri artisti e commercianti.

GLI SPEZIALI

Il mestiere dello Speziale, nella Firenze comunale, era importantissimo sia a livello di retribuzione sia a livello di responsabilità culturale ed igienica. Lo Speziale doveva infatti conoscere una grande varietà di nozioni, se voleva essere davvero preso in considerazione. Innanzitutto, doveva avere un grande know-how di tutte le materie prime ad uso medicale semplice, sia di origine minerale, vegetale che animale. Oltre a questo, il maestro doveva anche conoscere le caratteristiche organolettiche, affinchè si traessero le migliori proprietà terapeutiche da ogni sostanza. Anche la raccolta, conservazione e preparazione delle materie prime era di fondamentale importanza, almeno tanto quanto la consapevolezza di come ogni medicamento dovesse essere miscelato con altri, per ottenere, da sostanze semplici, i medicinali composti. In questa categoria era compresa anche la corretta conservazione del prodotto finito sino al momento della somministrazione.

LA SPEZIERIA

Solitamente gli Speziali possedevano una bottega singola o condivisa: la Spezieria. In questa sede, ci si occupava della preparazione di medicamenti e della vendita di spezie ed erbe. Nella bottega dello speziale si trovavano molti profumi ed essenze ma anche colori da pittura, cera e candele; si continuava con carta ed inchiostro per finire con dolciumi, spesso preparati dallo speziale stesso. Le spezie erano comunque il prodotto più richiesto soprattutto per il loro pregio: il muschio della Cina veniva acquistato ad Alessandria d’Egitto. Ricercatissimi erano il pepe, la cannella, i chiodi di garofano, la curcuma, l’incenso ed il silobalsamo. Per chi non poteva permettersi di acquistare il pepe, la più costosa tra tutte le spezie, veniva importato anche il peperello, una variante più economica ma vietata nella formulazione di cosmetici e medicinali.
A partire da queste spezie, i maestri speziali producevano dunque profumi, tinture per capelli, sbiancanti per denti e pelle ed ovviamente medicamenti dalla dubbia efficacia (come quelli a base di viscere di mummie egiziane).
Ancora oggi, molte delle farmacie fiorentine più antiche, sono la riconversione in chiave moderna delle antiche botteghe speziali.

ARTE E TANTE REGOLE

Come succede anche oggi, con audit ed ispezioni igieniche in aziende e farmacie, anche le botteghe degli Speziali erano tenute sotto controllo. Gli ispettori dell’Arte, infatti, erano messi comunali il cui compito consisteva nel verificare il rispetto delle norme igieniche in ambito di conservazione e preparazione dei prodotti. Gli speziali, erano dunque soggetti a molte regole, stabilite già al momento della fondazione della loro corporazione. Per esempio, esisteva il “Breve degli Speziali”, una sorta di vademecum composto da regole professionali che, di fatto, costituiva il loro ordinamento interno. Tra i tanti scritti riguardo le regole interne dell’ordine, nel 1497, fu pubblicato da Tommaso Garzoni un manualetto che consigliava cosa tenere in bottega: vasi, mortai, torchi, bilance, spatole. Inoltre, per esercitare la professione di Maestro Speziale o conduttore di spezieria, era necessario passare un esame presso la commissione ufficiale degli speziali. Quest’ultima era composta dai tre Rettori dal Camarlengo dell’Arte, da tre speziali maestri e da tre medici.

UNA CONOSCENZA DA TRAMANDARE

I manuali delle officine, considerati precursori della moderna Farmacopea, erano detti “libri di ricordi”. Si trattava di copie di ricette delle opere più note che venivano trascritte ad opera di monaci apotecari o di speziali. Inoltre, erano spesso tramandate dallo speziale direttamente al suo successore in bottega (di solito era il figlio). Tuttavia, si pensa che molti degli scrittori dei “libri di ricordi” fossero anche medici e medicastri di ideologia spagirica. In un panorama per lo più maschile, in cui gli uomini imponevano alle donne i propri criteri di bellezza, vi furono alcune eccezioni. Non vi sono prove certe, ma si parla di medichesse popolari e suore esperte di farmacopea.
Verso la fine del ‘400, la corporazione “Arte dei Medici e Speziali” pubblicò Il ricettario fiorentino, una raccolta delle conoscenze farmacologiche dell’epoca, che riportava ricette e preparati che tutti gli speziali dovevano formulare nel modo più accurato possibile, per legge. Questo testo è considerato, ancor oggi, il precursore ufficiale dell’odierna Farmacopea.

BIBLIOGRAFIA

Accademia Fabio Scolari – Alchimia medievale e rinascimentale
Roberto Michele Suozzi, Le piante medicinali, Newton&Compton, Roma, 1994, pag.19-20
R. Ciasca, L’arte dei medici e speziali nella storia e nel commercio fiorentino, dal secolo XII al secolo XV

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