
La Sindrome di Stendhal rientra nei disturbi psico-somatici, si manifesta con una sensazione di malessere diffuso quando ci si trova dinanzi ad opere d’arte o architettoniche di rara bellezza.
In gergo viene anche chiamata “Sindrome di Firenze”, in quanto ad oggi risulta essere la maggiore città in cui siano avvenuti più casi. D’altronde il capoluogo toscano è la culla dell’arte dal medioevo sino ai giorni nostri.
I soggetti in cui è stata identificata la sindrome di Stendhal manifestavano un estasi, una sorta di paralisi contemplativa in cui l’individuo vive una situazione coinvolgente al tal punto da rimanere esterrefatto, colpito ed emozionato al cospetto di opere d’arte e capolavori di enorme bellezza.
E’ soggettiva e può colpire sia gli esperti e gli amatori.


Cos’è la Sindrome di Stendhal?
La Sindrome di Stendhal rientra nei disturbi psicosomatici transitori.
Varia da persona a persona e comprende diversi sintomi che possono essere più o meno gravi così come può essere differente l’opera d’arte che fa scaturire il disturbo.
Statisticamente colpisce maggiormente il sesso maschile con un’età compresa tra i 24 e i 40 anni.
Non abbiamo numerosi dati di letteratura scientifica a riguardo, tuttavia è oramai ampiamente riconosciuta. Tale sindrome non viene considerata come una vera e propria patologia, poiché si tratta di un disturbo psicosomatico transitorio e non ha mai mostrato particolari conseguenze. Tutt’al più in alcuni casi si sono verificati attacchi di panico, distaccamento dal mondo esterno, depersonalizzazione e derealizzazione.
Tra i sintomi che hanno manifestato i soggetti colpiti dalla Sindrome di Stendhal abbiamo:
- Attacchi di panico
- Tachicardia
- Euforia
- Paralisi generalizzata
- malessere generale
- Difficolta respiratorie
I sintomi sono transitori e scompaiono entro un breve periodo, anche se in alcuni eccezionali casi si sono prolungati di ore o addirittura di qualche giorno.



Perché si chiama Sindrome di Stendhal
Il nome viene dallo scrittore francese Marie-Henri Beyle, in arte Stendhal. Fù il primo a raccontare di avere avuto manifestazioni di malessere nel mentre osservava un’opera d’arte. Stendhal lo scrisse nel 1817 nel suo libro “Roma, Napoli e Firenze”.
“Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere”.
Nel 1977 quando la dottoressa Magherini, psichiatra, studiò un campione di 106 turisti stranieri in visita a Firenze, tutti colpiti da malessere e disagio psichico improvviso e di breve durata. La maggioranza di sesso maschile, con un’età compresa tra i 25 e 40 anni. Con un buon livello di istruzione, provenienti dall’Europa Occidentale o dal Nord America, prediligevano le mete artistiche. Il disagio si era presentato poco dopo l’arrivo a Firenze e in corrispondenza delle visite in musei o ad opere d’arte.
Anche Freud si era interessato all’interpretazione delle opere d’arte affermando che tramite le loro opere gli artisti manifestano i loro conflitti profondi legati all’infanzia e le fantasie edipiche represse, comunicando sotto forma di espressione artistica.
Tuttavia tale sindrome non è mai stata approfondita da un punto di vista scientifico, ma pone comunque l’attenzione su alcuni concetti psicoanalitici come empatia, proiezione e internalizzazione che in passato sono stati abbandonati, poiché la loro origine neurale era sconosciuta.

Cosa dice la scienza?
Il neurobiologo Semir Zeki ha provato ad elaborare una teoria sulle reazioni cerebrali e neuronali che si innescano alla visione di un’opera d’arte e che portano alla Sindrome di Stendhal.
Zeki spiega come “ognuno di noi ha un “cervello artistico”, che elabora le immagini quando ci troviamo difronte ad un’opera d’arte.
Quali sono le aree cerebrali maggiormente interessati nei soggetti colpiti dalla Sindrome di Stendahl?
- Le regioni cerebrali deputate al meccanismo della memoria emotiva, della sfera affettiva, della regolazione dell’umore e neuroendocrina, ma anche della pianificazione e dell’esecuzione dei movimenti (ipotalamo, gangli della base, amigdala, lo striato ventrale e la corteccia orbito frontale)
- I neuroni a specchio: varie ricerche neurofisiologiche hanno dimostrato come i neuroni a specchio ricoprano un ruolo importante nella percezione e nella capacità di condividere emotività e sensazioni. La sindrome di Stendhal sembra essere scatenata da una reazione esagerata di questo circuito neuronale “a specchio”. Al cospetto di un’opera d’arte, attraverso il senso della vista, i neuroni ricevono innumerevoli input che, tramite un meccanismo definito “simulazione incarnata”, potrebbe generare nell’osservatore – in modo del tutto inconsapevole – gli stati d’animo che l’autore ha voluto esprimere (in modo conscio o inconscio) tramite l’opera stessa. Stati d’animo così intensi da scatenare, in soggetti predisposti, la Sindrome di Stendhal.
Questo articolo è dedicato ad una persona a me cara.
Ad Aldo Callà, amico fraterno, pittore e artista meraviglioso.
“Quando morirò, spero presto, mi toglierò finalmente dal cazzo”
Nel mentre ancora vivo continua a trasformare tele in opere d’arte.
Nel testo sono inserite le sue opere affinché chiunque possa ammirarle e conoscerle.
Grazie.