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Lo sapete come nasce un Farmaco?

Come nasce un farmaco?

Nel corso della storia la ricerca scientifica, con lo scopo di scoprire nuove medicine sempre più efficaci e sicure, ha segnato il raggiungimento di traguardi fondamentali per debellare gravi malattie e per migliorare la durata e la qualità della vita dell’uomo. A parte alcune scoperte casuali (serendipity) (come la penicillina oppure il Viagra inteso per il suo attuale impiego), generalmente un nuovo farmaco nasce dall’identificazione da parte dei ricercatori di un possibile “bersaglio farmacologico”, ossia di un meccanismo su cui poter intervenire per curare o prevenire una malattia. Si procede poi con l’individuare quelle sostanze (o meglio, quelle molecole) che sono in grado di interagire specificatamente e selettivamente con il bersaglio farmacologico per ottenere un effetto terapeutico. Questo è un processo molto difficile che porta a ricavare una serie numerosa di possibili candidati, definiti “composti guida”, da cui verrà infine selezionato il futuro principio attivo di un farmaco.

Ma come si valuta se un medicinale è davvero efficace ma anche sicuro per la nostra salute? 

Per comprendere le sue proprietà e quantificare il rapporto tra gli eventuali rischi e i benefici derivanti dalla sua assunzione, la sostanza che aspira a diventare un farmaco è sottoposta a una lunga serie di studi che durano in media almeno una decina di anni e che sono a carico del “proprietario” del farmaco (il più delle volte un’industria farmaceutica). Tali studi si articolano essenzialmente nelle seguenti fasi:

1) La sperimentazione preclinica

Questa fase permette di ottenere informazioni preliminari su efficacia, tossicità e farmacocinetica (assorbimento, distribuzione, metabolismo, escrezione) della sostanza in esame e prevede: 

  • Studi “in vitro” su cellule e tessuti: essenziali per comprendere le caratteristiche della molecola da cui si ritiene di poter ricavare un farmaco. In pratica, la sostanza viene messa in provetta insieme a colture cellulari o a microrganismi e sottoposta a una serie di test. 
  • Studi “in vivo” sugli animali: quando si è appurato che la molecola possiede potenziali effetti terapeutici si può passare alla sperimentazione sugli animali con lo scopo di confermare la sua azione ed escluderne l’eventuale tossicità, prima che possa avviarsi poi quella sull’uomo. 

2) La sperimentazione clinica

  • Fase I: Il potenziale farmaco è sicuro?

Inizia in questo step la sperimentazione del principio attivo sull’uomo con lo scopo di fornire una prima valutazione del suo profilo di sicurezza. Questa fase coinvolge qualche decina di volontari sani. Se oggetto della sperimentazione sono gravi patologie (per esempio tumori, AIDS…), questi studi possono essere condotti direttamente su pazienti che ne sono affetti e per i quali il farmaco è stato pensato. 

  • Fase II: Il potenziale farmaco è efficace? In che quantità?

Questa fase è necessaria per indagare l’efficacia del potenziale farmaco anche in relazione al suo dosaggio. La sostanza viene somministrata a qualche centinaio di volontari affetti dalla malattia per cui è stata ideata che vengono selezionati sulla base di precisi criteri di inclusione quali età, sesso, stadio della patologia, stato di salute, eccetera. I soggetti arruolati per lo studio vengono generalmente divisi in più gruppi, a ciascuno dei quali è somministrata una dose differente del farmaco e, quando è eticamente possibile, un placebo (sostanza priva di efficacia terapeutica). Per evitare che la somministrazione del placebo influenzi le aspettative dei partecipanti, le valutazioni sono condotte senza che il paziente conosca il tipo di trattamento somministrato (nello studio in “singolo cieco”) o senza che sia il medico che il paziente conoscano il tipo di trattamento somministrato (nello studio in “doppio cieco”). 

  • Fase III: Il potenziale farmaco è migliore di altri?

In questo step, che prevede l’arruolamento di centinaia o migliaia di pazienti, si potrà confermare o meno la superiorità del nuovo trattamento in studio rispetto a quello standard usato fino a quel momento per quella determinata malattia oppure rispetto al placebo, se non esistono ancora altre cure. 

3) Autorizzazione all’immissione al commercio

Quando il nuovo farmaco ha finalmente dimostrato di avere un’efficacia adeguata e prevalente agli eventuali rischi che può determinare (pertanto, quando il rapporto beneficio/rischio del prodotto è favorevole), tutti i dati derivati dagli studi precedenti sono raccolti in un dossier che viene sottoposto all’autorità competente (in Italia l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA)), per richiederne la registrazione e l’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC). 

4) Post-marketing o farmacovigilanza

Poiché le sperimentazioni finora effettuate sul medicinale sono state condotte su numeri esigui di persone rispetto alla dimensione della popolazione generale a cui esso è destinato, dopo l’immissione in commercio il farmaco sarà sottoposto ad altri monitoraggi per rilevare segnali sul suo profilo di efficacia e sicurezza non emersi durante le fasi precedenti. Cosi verranno raccolti dati riguardanti eventuali effetti indesiderati o altre problematiche (farmacovigilanza).

Nonostante un farmaco sia sottoposto anche per 15 anni a consistenti studi prima di entrare in commercio e successivamente subisca altre numerose analisi, in questa fase può capitare che, se il suo profilo beneficio/rischio cambia, si possa procedere a determinate modifiche nel suo foglietto illustrativo oppure ad un suo ritiro dal commercio (situazione piuttosto rara, dato che il più delle volte si ritirano semplicemente dei lotti che si sono rivelati difettosi, nonostante tutti i rigorosi controlli di qualità). 

Fonti

Dott.ssa Marianna Gualdana

Laureata in CTF, ricopre il ruolo di Pharmacovigilance Safety Surveillance Associate presso Pfizer.

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