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Q&A: Solari resistenti all’acqua

Il primo caldo. Il primo mare. Ed è subito crema solare in abbondanza. Meglio se “water resistant”. Così non devo preoccuparmi di riapplicarla dopo ogni bagno e corro un minor rischio di scottarmi. 

Ma è davvero così?

Proviamo a fare chiarezza.

Qual è il solare ideale?

Se lo si chiedesse ad un dermatologo la risposta sarebbe: “Il solare ideale è:

  • Un prodotto che abbia un SPF maggiore di 30;
  • Che protegga anche dalle radiazioni di tipo UVA (il famoso solare ad ampio spettro!);
  • Che sia resistente all’acqua.”

Come viene indicato un prodotto solare resistente all’acqua?

Lo si trova specificato sulla confezione: resistente all’acqua; spesso anche in inglese con la dicitura water resistant. Quest’ultima, a volte, colloquialmente, viene cambiata in “waterproof”. 

Ma “waterproof” è un termine corretto per indicare che un determinato prodotto solare è resistente all’acqua? Secondo le Linee Guida della Comunità Europea, la dicitura “waterproof” è fuorviante: induce, infatti, a pensare che quel solare resista al 100% al contatto con l’acqua, come se quest’ultima non lo modificasse in alcun modo. 

Questa situazione è reale? Sicuramente no. Difficilmente, quindi, sull’etichetta di un prodotto solare resistente all’acqua sarà riportata la scritta “waterproof”. Al contrario, è molto più adatta l’indicazione “water resistant, dal momento che mette in dubbio, almeno in parte, la resistenza del prodotto all’acqua: il solare resiste al contatto con l’acqua, ma non al 100%.

Ma, nello specifico, che cosa indicano queste diciture?

Un determinato prodotto solare può riportare in etichetta la dicitura:

  • water resistant”, se resiste a 2 bagni da 20 minuti;
  • very water resistant”, se resiste a 4 bagni da 20 minuti;
  • ultra water resistant”, se resiste a 6 bagni da 20 minuti.

A questo punto, sorge spontanea una domanda: se faccio il bagno dopo essermi spalmato un solare “water resistant”, sarò protetto dal primo all’ultimo bagno allo stesso modo? Certo che no. Il motivo? Provo a rispondere a tale domanda con un ulteriore quesito, focalizzando l’attenzione sui test effettuati per poter indicare un prodotto solare come resistente all’acqua.

Quali test deve superare un solare per poter essere definito “water resistant” o “very water resistant”?

I test che vengono decisi dalle Linee Guida Colipa, ovvero da quell’ente che valuta in Europa che i prodotti cosmetici siano sicuri prima di essere immessi sul mercato. Tali Linee Guida indicano come un prodotto solare debba essere testato per poter riportare in etichetta la dicitura “water resistant” o “very water resistant” o addirittura “ultra water resistant”. Nello specifico, per poter affermare che un prodotto solare sia “water resistant” o “very water resistant”, si confronta il valore di SPF ottenuto dopo l’immersione in acqua con l’SPF “statico”, ovvero con il valore di SPF misurato in assenza di contatto con l’acqua. Tale test ha una durata di tre giorni.

Ma come si articola nella pratica?

Si spalma il prodotto solare X, ad esempio, sul braccio destro della “cavia”. Quanto solare? 2mg per 1cm2 di pelle dell’individuo in questione. La pelle non coperta dal solare e quella protetta vengono, quindi, irradiate con un simulatore solare e si misura la MED. In altre parole? Si valuta la dose minima eritematogena, ovvero la quantità di radiazione necessaria a provocare un eritema. In questo modo, si scopre qual è la dose di radiazione solare che ha indotto la comparsa dell’arrossamento sulla pelle protetta e su quella non protetta; si attribuisce, dunque, il valore di SPF “statico” a quel solare. 

Il giorno seguente si ricontrolla il braccio del soggetto “cavia” e si verifica l’eventuale comparsa di reazioni. Se è tutto nella norma, si prende l’altro braccio (il sinistro nel nostro caso), o comunque un’area della pelle non trattata in precedenza, e ci si spalma sopra il solare X. Si immerge, dunque, in acqua, per 20 minuti, il braccio sul quale è stata applicata la protezione. Trascorso il tempo prestabilito, il braccio viene lasciato asciugare all’aria, senza sfregare, per 15 minuti. Passati i 15 minuti, la procedura viene ripetuta: il braccio è nuovamente immerso in acqua per 20 minuti e lasciato asciugare all’aria, senza sfregare, per altri 15 minuti. A questo punto, il braccio sul quale era stato spalmato il solare X, e che è stato bagnato e asciugato per ben 2 volte, viene esposto al simulatore solare e si misura l’SPF.

Si ricontrolla la “cavia” anche il terzo giorno e si valuta l’eventuale comparsa di reazioni. Se non si sono sviluppate reazioni, si procede calcolando il rapporto tra il valore di SPF “statico” e il valore di SPF misurato dopo le immersioni e le asciugature.

Per poter scrivere sulla confezione che il solare X è resistente all’acqua, l’SPF finale deve essere almeno il 50% di quello “statico”.

Un esempio? Se l’SPF “statico” del prodotto in esame è pari a 30, il solare sarà “water resistant” se, dopo due immersioni da 20 minuti e due asciugature all’aria senza sfregare da 15 minuti, ha un valore di SPF variabile tra 16 e 29.

Se l’SPF “statico”, invece, è di 50, il prodotto sarà resistente all’acqua se il valore di SPF finale dopo le varie immersioni-asciugature è compreso tra 26 e 49.

Questa situazione è replicabile nella realtà?

Vi propongo delle considerazioni.

È quasi impossibile che un individuo faccia il bagno rimanendo completamente immobile con tutto il suo corpo, specialmente se il soggetto in questione è un bambino. 

Per di più, risulta davvero difficile pensare di asciugarsi all’aria, senza sfregare in alcun modo la pelle con l’asciugamano ed evitando ogni contatto con la sabbia.

Un esempio che non preveda l’immersione in acqua? L’applicazione della crema solare prima di praticare sport all’aperto: il sudore, durante o dopo una corsa, viene infatti spesso rimosso per sfregamento; basti pensare a quante volte ci passiamo, anche inavvertitamente, una mano sulla fronte nel corso o al termine di un allenamento.

È possibile, quindi, che un soggetto entri in acqua (o vada a correre al parco) con addosso un solare con SPF 50 e che, dopo 20 minuti di immersione o attività fisica, tale prodotto abbia un SPF pari a 25-26.

Questo incide notevolmente sul rischio di scottature, soprattutto nel caso di bambini molto piccoli o di ragazzi in età adolescenziale. È risaputo, infatti, che le scottature in età adolescenziale sono quelle più pericolose: del resto sono proprio quest’ultime ad aumentare la probabilità di comparsa del melanoma. 

Per concludere

Il fatto che sulla confezione di un solare siano riportate le diciture “water resistan” o “very water resistant” è sicuramente indice di un buon prodotto; non è, tuttavia, corretto pensare che quel solare ci protegga al 100% dal contatto con l’acqua. Dobbiamo fare i conti con la realtà: se ci spalmassimo un solare con SPF 50, purtroppo, non usciremmo dall’acqua con addosso un prodotto con lo stesso valore di SPF di partenza. L’acqua e gli sfregamenti hanno, infatti, un effetto sul prodotto solare e ne vanno a ridurre in parte la funzionalità.

La soluzione più semplice? Non esporsi al sole. 

La soluzione migliore anche per l’umore? Esporsi al sole, ma responsabilmente!

FONTI

www.myskin.it 

Dott.ssa Elena Pascucci

Laureata in chimica e tecnologie farmaceutiche. Master di II livello in Scienza e tecnologia cosmetiche. Si occupa della stesura di articoli di dermocosmesi.

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