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Nuove tendenze: glitter ecosostenibili

Dicembre: il Natale alle porte. Le luci che si accendono sempre prima. Il rosso, il verde, l’oro e l’argento ovunque. Tutto diventa così sfavillante e luminoso. E bisogna dirlo: una punta di glitter sulle decorazioni natalizie non guasta mai!

Anche in cosmesi i glitter piacciono, soprattutto nel settore della cosmesi decorativa; basti pensare agli ombretti o agli smalti per unghie. Quanto ci colpiscono quei make up occhi che, con una spolverata di glitter, illuminano così tanto lo sguardo? E chi non ama quel tocco scintillante sulle unghie, soprattutto sotto le feste?

I glitter sono, per molti, un ingrediente cosmetico irresistibile, ma quanto li conosciamo? E soprattutto: che impatto hanno sull’ambiente?

Procediamo con ordine.

Cosa sono i glitter?

Il termine inglese glitter descrive un vasto assortimento di particelle riflettenti di piccole dimensioni, che si differenziano da qualsiasi altro pigmento ad uso cosmetico: sono, infatti, insolubili nella maggior parte dei sistemi cosmetici e non vengono prodotte alla stessa maniera degli altri pigmenti. Attualmente esistono oltre 20000 varietà di glitter, diverse per colore, dimensione delle particelle e materiale.

Come sono fatti?

La struttura dei glitter può essere di due tipi; si parla, infatti, di:

  • glitter tradizionale, costituito da un foglio singolo di plastica copolimerica sul quale vengono depositati strati sottili di alluminio e un pigmento di assorbimento;
  • glitter di nuova generazione, prodotti laminando insieme due sottili strati di polimeri con diversi indici di rifrazione; in questo modo, si genera una luce di interferenza che permette al glitter di presentare sia il riflesso che il colore trasmesso. È così che ha origine l’iridescenza: la superficie, infatti, se illuminata, tenderà ad assumere un ventaglio di tonalità differenti in base all’angolo di osservazione. Qualche altro tratto distintivo? Il colore dei glitter di nuova generazione può variare in base allo spessore della particella laminata: è possibile ottenere, quindi, le tonalità più svariate. Quali sono i polimeri tipici utilizzati in questa tipologia di glitter? Polietilene tereftalato (PET), copolimeri di acrilato e polimetile metilacrilato.

Quanto sono piccole le particelle che li compongono?

Le particelle di glitter hanno generalmente una dimensione compresa fra i 50 e i 400 µm. Negli Stati Uniti, la FDA (Food and Drug Administration) vieta l’impiego nella zona perioculare di glitter costituiti da particelle di dimensioni superiori ai 150 µm.

Presentano qualche problematica?

Risposta affermativa. Attualmente, quali sono i principali componenti dei glitter? Repetita iuvant: i copolimeri in materie plastiche. Si tratta, dunque, di materiale non riciclabile, degradabile in tempi lunghissimi e (neanche a dirlo!) non ecosostenibile. Per tale motivo, i glitter sono diventati oggetto di un acceso dibattito sulla sostenibilità ambientale. Nello specifico, un’attenzione particolare è stata rivolta alle microplastiche, piccole particelle di materiale plastico che inquinano i nostri mari e oceani: in Italia dal 1° Gennaio 2020 è stata, infatti, vietata l’immissione in commercio di prodotti rinse-off (a risciacquo) contenenti microplastiche.

C’è dell’altro? Purtroppo sì. Un’ulteriore problematica dei glitter in materie plastiche riguarda la presenza di antimonio come residuo di lavorazione: dal momento che tale semimetallo viene impiegato come catalizzatore nella produzione di poliestere, alcuni residui potrebbero rimanere sotto forma di impurità e causare irritazione in seguito ad esposizione prolungata.

Ci sono delle alternative?

È sempre più attiva la ricerca di nuove soluzioni alla scarsa ecosostenibilità dei glitter: da qualche anno, infatti, si è tornati a lavorare allo sviluppo di glitter il più possibile eco-friendly. Qualche esempio? I glitter ottenuti dalle piante e i glitter minerali.

Glitter dalle piante in che senso?

Una delle tecnologie più promettenti è quella che utilizza, nella produzione, la cellulosa come materia prima. Attraverso uno speciale procedimento che impiega legni duri, principalmente da eucalipto, la cellulosa viene rigenerata. Nello specifico? Viene colata su una pellicola trasparente; questo passaggio porta alla formazione di un film stabile che non degrada a scaffale. Tutto qui? Certo che no: dopo l’utilizzo tale film risulta addirittura biodegradabile nel giro di poche settimane. La cellulosa, infatti, a contatto con i microrganismi presenti nel terreno, nel compost o nelle acque reflue viene aggredita e degradata entro breve tempo. Numerosi sono i fattori che influenzano la velocità di degradazione: temperatura, umidità, concentrazione dei microrganismi nel mezzo di degradazione. In quale situazione sarà inferiore il tempo di degradazione? In condizioni caldo umide.

Quali sono, quindi, i tratti distintivi dei glitter in cellulosa rigenerata?

I glitter ottenuti sfruttando tale tecnologia:

  • Sono caratterizzati da una struttura lamellare così articolata: a partire dall’interno, troviamo un core in cellulosa rigenerata, seguito da uno strato intermedio riflettente metallico e, infine, un rivestimento esterno trasparente colorato;
  • Mostrano proprietà riflettenti simili a quelle dei glitter in PET, ma, rispetto a questi ultimi, risultano sensibilmente più confortevoli sulla pelle;
  • Non sono privi di plastica al 100%: tale materiale, infatti, è presente in percentuali molto basse e costituisce parte del rivestimento esterno;
  • Poiché contengono quantità esigue di plastica, i livelli di antimonio presenti in questa tipologia di glitter risultano a loro volta molto ridotti: si parla, addirittura, di valori inferiori a 5 ppm (parti per milione).
E per quanto riguarda i glitter minerali?

Un’altra alternativa ai glitter in materiale plastico sono le miche. Si tratta di minerali appartenenti al gruppo dei fillosilicati, dalla formula generale X2Y4-6Z8O20 (OH, F)4 dove:

X rappresenta comunemente gli ioni potassio, sodio e calcio (K+, Na+, Ca2+);

Y rappresenta comunemente gli ioni alluminio, magnesio, ferro bivalente e trivalente (Al3+, Mg2+, Fe2+, Fe3+);

Z rappresenta principalmente gli ioni alluminio o silicio (Si4+, Al3+).

Questi minerali presentano naturalmente una struttura lamellare e le minuscole particelle che li costituiscono conferiscono al prodotto uno scintillio perlato, differente rispetto alla lucentezza più sfolgorante del glitter in materiale plastico: è proprio tale tratto distintivo a rendere le miche degli ingredienti ideali per la formulazione di prodotti make up.

Qual è la mica più utilizzata in cosmetica?

La mica potassica o muscovite (KAl2(Si3Al) O10(OH, F)2). Si tratta della mica più comune in natura; di colore biancastro se pura, può assumere colorazioni diverse per la presenza di inclusioni varie o cationi estranei. Le sue peculiarità? È caratterizzata da una sfaldatura perfetta e presenta lucentezza sericea. In parole semplici? Conferisce al prodotto una luminosità simile a quella della seta.

La mica naturale rappresenta una soluzione così “brillante”?

Non necessariamente. La principale fonte di mica nel mondo, infatti, sono le miniere illegali dell’India nord-orientale e i lavoratori sono principalmente bambini che si adoperano per sostenere le proprie famiglie.

C’è una soluzione sempre ecostenibile per ridurre le problematiche legate allo sfruttamento minorile nelle miniere indiane? Ricorrere alla mica sintetica, nota anche come fluoroflogopite sintetica, prodotta in laboratorio per ricreare la mica naturale.

Quali sono i vantaggi della mica sintetica?

Rispetto ai glitter costituiti da mica naturale, quelli in mica sintetica offrono:

  • Maggior trasparenza, brillantezza e scintillio;
  • Maggior levigatezza;
  • Maggior uniformità da lotto a lotto;
  • Bassi livelli di impurità e metalli pesanti residui;
  • Ampia gamma di dimensioni;
  • Nessuna restrizione delle dimensioni delle particelle, compreso l’uso nella zona perioculare.
La mica sintetica mette tutti d’accordo?

Come in ogni dibattito che si rispetti, la risposta è no. Alcuni sostengono che la mica prodotta in laboratorio non rappresenti comunque una soluzione ottimale: non tutte le società che commercializzano mica, infatti, sarebbero coinvolte nello sfruttamento dei minori; anzi, alcune di queste pare contribuiscano alla sussistenza di molte persone in aree geografiche economicamente depresse.

Com’è possibile avere la certezza che la mica impiegata non sia il frutto dello sfruttamento minorile?

È indispensabile verificare che provenga da aziende certificate. Per tale motivo è nato il “Responsible Mica Initiative” (RMI): si tratta di un’associazione unica e intersettoriale, che garantisce una stretta collaborazione tra i settori privato, pubblico e no-profit. L’obiettivo? Ottenere una supply chain di mica responsabile al 100%. Nello specifico, RMI si propone di:

  • Implementare pratiche di raccolta, elaborazione ed approvvigionamento di mica che siano il più possibile eque e sostenibili;
  • Migliorare la tracciabilità lungo la filiera indiana della mica;
  • Responsabilizzare le comunità locali al fine di garantire un cambiamento duraturo nel tempo;
  • Collaborare con il governo indiano e con le autorità locali per costruire un quadro giuridico e un ambiente vivibile per le comunità indiane che ruotano attorno allo sfruttamento della mica.

Per concludere

La domanda delle domande: i glitter in cellulosa rigenerata e la mica sintetica hanno sicuramente un impatto negativo sull’ambiente inferiore rispetto ai glitter in materiale plastico?  Al momento, non è possibile fare un’affermazione di tale portata con assoluta certezza: su questo tema, infatti, vengono continuamente condotti studi. Il fine ultimo? Consentire al formulatore di sviluppare prodotti, impiegando ingredienti sempre più rispettosi dell’ambiente e delle persone.

FONTI

https://www.kosmeticanews.it/

Dott.ssa Elena Pascucci

Laureata in chimica e tecnologie farmaceutiche. Master di II livello in Scienza e tecnologia cosmetiche. Si occupa della stesura di articoli di dermocosmesi.

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