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Make-up 24H: l’effetto long lasting

Ufficio, shopping, palestra, aperitivo, cena con le amiche. 

Chi non desidera sfoggiare un make-up impeccabile per tutta la giornata? 

L’effetto long lasting è, dunque, sempre più quella prerogativa che i prodotti make-up devono possedere. 

Il mercato pullula di cosmetici che vantano una tenuta variabile tra le 6 e le 24 ore; alcuni rivendicano addirittura 25 ore di trucco impeccabile. 

E all’effetto long lasting sono spesso associate una serie di proprietà secondarie, quali l’effetto no transfer, l’aspetto sensoriale/estetico, la tollerabilità cutanea e, in alcuni casi, caratteristiche specifiche come la resistenza all’acqua.

È chiaro, quindi, come la valutazione dell’efficacia di prodotti a lunga tenuta sia imprescindibile dall’analisi di tutti gli aspetti che concorrono e compongono tale effetto.

Ma un passo alla volta.

Qual è uno dei test più semplici per la valutazione dell’effetto long lasting?

Il consumer test: il cosmetico in esame viene distribuito ad un campione di consumatrici, scelto tra la popolazione generale o tra individui con caratteristiche specifiche. 

Ai soggetti selezionati viene chiesto:

  • di utilizzare il prodotto secondo le istruzioni d’uso;
  • di valutarne le caratteristiche sensoriali e di efficacia percepita, rispondendo alle domande di un questionario specificatamente predisposto.

Quanto è affidabile il consumer test?

La valutazione del prodotto è:

  • Fortemente soggettiva;
  • Strettamente dipendente dalle esperienze di acquisto e dalle aspettative delle consumatrici.

L’analisi sensoriale dei cosmetici, nonostante stia diventando sempre più una “scienza” codificata in norme e/o linee guida tecniche, è, di conseguenza, una prova troppo debole per la valutazione dell’efficacia del prodotto.

Un’alternativa al consumer test?

Il test d’uso controllato. Come si articola? Anche in questo caso la valutazione viene effettuata su un gruppo di consumatrici, selezionato secondo specifici criteri di inclusione/esclusione. 

Che cosa differenzia il test d’uso controllato dal consumer test?

Il fatto che nel test d’uso controllato:

  • L’applicazione del prodotto sia (nomen omen) controllata in studio dallo sperimentatore;
  • L’effetto long lasting venga valutato mediante tecniche di analisi strumentale, giudizio dell’esperto e autovalutazione.

Le condizioni del test d’uso controllato sono, dunque, controllate, verificate e l’effetto è quantificato con metodiche validate e riproducibili: vien da sé che tale approccio risulti di gran lunga più affidabile rispetto al consumer test.

Qual è la tecnica strumentale maggiormente utilizzata nella valutazione dell’effetto long lasting?

L’analisi del colore mediante colorimetria. Tale approccio consente la misurazione delle coordinate colore in uno spazio cromatico ben definito: così facendo viene valutata l’intensità del colore. 

In altre parole? È possibile quantificare le variazioni di colore a distanza di ore dall’applicazione del prodotto make-up in esame.

La tecnica colorimetrica è, inoltre, in grado di fornire una metrica che consente di esaminare la distanza tra due colori e la loro percettibilità visiva.

La tecnica colorimetrica presenta qualche svantaggio?

Purtroppo sì: nonostante sia largamente utilizzata nella caratterizzazione del colore subito dopo l’applicazione del prodotto, l’uso della tecnica colorimetrica nei test di lunga tenuta dipende dall’ampiezza dell’area di applicazione e dal numero degli intervalli di misura.

Per quanto la sonda impiegata abbia dimensioni contenute, infatti, tale sistema non è idoneo alla valutazione di prodotti destinati ad un’area di applicazione di superficie ridotta e/o non accessibile allo strumento (es. palpebre, ciglia, sopracciglia, ecc.).

Per di più, il contatto della sonda con la cute comporta una rimozione del cosmetico e, di conseguenza, l’impossibilità di replicare la misurazione sulla stessa area.

Esiste un approccio quantitativo più efficace delle tecniche colorimetriche?

Risposta affermativa: la tecnica dell’analisi d’immagine. Di che cosa si tratta? Semplice: è una rielaborazione di foto digitali, acquisite ai diversi tempi sperimentali scelti, per quantificare la durata dell’effetto a lunga tenuta. Rispetto alla colorimetria, l’analisi d’immagine fornisce informazioni più dinamiche sul colore e sull’uniformità della sua distribuzione nell’ambito della superficie da analizzare.

Mediante l’analisi dell’istogramma della distribuzione del colore è possibile ricavare, per l’appunto, informazioni sull’intensità e sulla distribuzione del colore, fino ad arrivare ad individuare aree della superficie analizzata, sulle quali quest’ultimo risulta sbiadito o non presente.

Ed ecco che si introduce così un nuovo parametro rispetto alle semplici variazioni di colore: la presenza o meno di imperfezioni.

La tecnica dell’analisi di immagine è priva di svantaggi?

Ovviamente no: sebbene presenti notevoli vantaggi rispetto alla colorimetria classica, anche l’analisi di immagine non è esente da artefatti se il processo non è tenuto sotto stretto controllo. 

L’acquisizione dell’immagine da esaminare è, infatti, il passaggio cruciale dell’analisi.

Le specifiche per una valutazione appropriata sono molto restrittive. Basti pensare che una corretta standardizzazione deve necessariamente prevedere:

  • L’esatto riposizionamento del soggetto di fronte alla fotocamera;
  • Condizioni di illuminazione riproducibili.

Come si conclude l’analisi di immagine?

A completamento dell’analisi di immagine e a supporto della sua significatività, viene effettuato un esame visivo da parte di giudici esperti.

Nello specifico? Solitamente le immagini sono sottoposte in maniera casuale ad almeno tre giudici qualificati, che valutano la tenuta del prodotto in maniera indipendente l’uno dall’altro.

Quali sono le peculiarità dell’analisi di immagine?

È buona norma che il panel di esperti sia costituito sia da uomini che da donne: solo così sarà possibile tener conto della diversa percezione legata al sesso.

Come viene classificata l’efficacia long lasting del prodotto?

I giudici utilizzano una scala di giudizio che prende in considerazione i seguenti parametri:

  • Tenuta del prodotto;
  • Comparsa di imperfezioni.

L’intervallo dei valori della scala di giudizio deve essere il più ampio possibile. Il motivo? Evitare l’attribuzione arbitraria del punteggio, vista la mancanza di descrittori appropriati.

Per attribuire una valutazione in merito alla tenuta del prodotto, è inoltre importante stabilire i limiti di accettabilità del punteggio in relazione alle imperfezioni e alla loro gravità:

  • È ammissibile che il make-up presenti qualche imperfezione da lieve a moderata e comunque con un basso impatto visivo;
  • È inaccettabile che l’entità dell’imperfezione sia da moderata a evidente.

Perché rispettare tali condizioni è importante? Perché solo così facendo la valutazione dei giudici esperti diventa un dato oggettivo.

A questo punto, l’analisi d’immagine può ritenersi conclusa?

Negativo. Il disegno dello studio è completato con un’autovalutazione dei soggetti partecipanti all’analisi: questi ultimi saranno, infatti, chiamati a compilare un questionario ben predisposto.

Qual è, quindi, il vantaggio di uno studio così strutturato?

L’utilizzo di misure strumentali obiettive (la correlazione tra il dato numerico strumentale, la visibilità dell’effetto e il giudizio della consumatrice): sono proprio tali misurazioni a rendere l’analisi di immagine una prova robusta a sostegno del claim long lasting.

E per quanto riguarda la sicurezza?

I test di sicurezza, o per meglio dire di tollerabilità locale, per i prodotti long lasting devono prendere in esame:

  • la tollerabilità cutanea classica;
  • una serie di aspetti legati alla peculiarità del claim “a lunga tenuta”.

In generale, dovrebbe essere verificato che i cosmetici long lasting non siano la causa di disagi cutanei (es. secchezza cutanea, sensazione di pelle che tira, ecc.), dovuti agli ingredienti specifici che impartiscono le caratteristiche di lunga tenuta alla formulazione cosmetica.

Per concludere

La valutazione dell’effetto long lasting richiede una buona conoscenza delle dinamiche di variazione del colore. È sufficiente tale competenza per dimostrare la veridicità del claim? Risposta negativa: è, infatti, indispensabile associare un’analisi della componente visiva dell’effetto. 

Lo studio deve, inoltre, tenere in considerazione i differenti aspetti e i diversi momenti che contribuiscono all’effetto long lasting. Le condizioni controllate e standardizzate sono, infatti, quella peculiarità imprescindibile per la buona riuscita di uno studio di long lasting. 

Perché, in fin dei conti, sono sempre i pareri oggettivi quelli che contano.

FONTI

MakeUp Technology Autunno-Inverno 2019

Dott.ssa Elena Pascucci

Laureata in chimica e tecnologie farmaceutiche. Master di II livello in Scienza e tecnologia cosmetiche. Si occupa della stesura di articoli di dermocosmesi.

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