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Le nuove tecnologie nella riabilitazione cognitiva dell’anziano

Invecchiare è “fisiologico”, il come si invecchia invece dipende da una complessa rete di fattori di rischio che, appunto, ci predispongono ad un probabile invecchiamento sano o patologico. Se le patologie vascolari permangono al primo posto come propriamente afferenti all’età senile, i dati epidemiologici ci suggeriscono che la demenza nel 2050 raggiungerà i 131,5 milioni di individui (Alzheimer’s Disease Report, 2015). Le malattie neurodegenerative sono patologie croniche, progressive  e, come dice la parola stessa, degenerative. Il declino cognitivo è continuo e il processo dementigeno inizia circa 20 anni prima dall’esordio dei sintomi. Come noto a tutta la popolazione, ad  oggi non abbiamo una soluzione definitiva per la cura della patologia, sia le terapie farmacologiche che la riabilitazione cognitiva tentano di rallentarne, ma non arrestare, il progresso.

In questo panorama, il ruolo della neuropsicologia quindi non risulta essere solo quello di studiare e valutare l’attività delle funzioni cognitive ma compito del neuropsicologo è quello di riabilitare il funzionamento cognitivo globale e specifico.

La stimolazione cognitiva è quella tecnica che consente un vero e proprio “allenamento” delle funzioni cognitive; attraverso specifici e strutturati programmi di training, la riabilitazione va cucita addosso al paziente, rafforzando le risorse residue e lavorando su quelle che via via stanno perdendo la propria funzionalità, considerando non solo il funzionamento cognitivo, ma anche e soprattutto la sfera emotivo-affettiva, sociale e quotidiana del paziente.

Dai training carta-matita ancora pienamente in uso, negli anni, sono stati sviluppati e accettati interventi di riabilitazione cognitiva che accolgono la nuova tecnologia. Dal training cognitivo computerizzato, cioè la digitalizzazione di interventi neuropsicologici carta-matita, ai serious games e alla realtà virtuale.

Il termine  serious games si riferisce a giochi strutturati per l’apprendimento di determinate funzioni o ruoli, progettati a scopi educativi e non al mero fine di intrattenimento. Al pari della realtà virtuale, simulano infatti ambienti di vita reale

garantendo aspetti motivazionali grazie anche a contenuti visivi e uditivi che non sono presenti in una stimolazione carta-matita. Inoltre, i serious games possono essere elaborati per misurare i tempi di reazione,  l’accuratezza della risposta, la durata della sessione, gli indicatori fisiologici come la frequenza cardiaca e  la conduttanza cutanea.

Per ciò che concerne la realtà virtuale, secondo la definizione di Liu et al., (2019) “è una tecnologia che usufruisce della tecnologia del computer e di dispositivi interattivi che cercano di riprodurre artificialmente un ambiente vicino al mondo reale (Liu, 2019).  Diversi studi presenti in letteratura scientifica ci dicono che l’esposizione agli ambienti virtuali sono utili per l’allenamento della memoria spaziale, episodica e prospettica, dell’attenzione e della concentrazione, con effetti anche sulla regolazione delle emozioni. In varie meta-analisi, sono emersi miglioramenti nel funzionamento cognitivo, nell’umore, nei disturbi comportamentali legati alla demenza, dimostrando un buon ruolo nella riabilitazione cognitiva con effetti a lungo termine.

L’utilizzo delle nuove tecnologie con la popolazione anziana ci pone di fronte al problema dell’accettabilità: quanto gli anziani sono disposti all’utilizzo di dispositivi sconosciuti in grado di far vivere realtà virtuali? Riguardo ciò, bisogna informare l’utenza circa i dispositivi e l’uso che se ne farà in futuro, rassicurando il paziente della non invasività delle tecniche e lavorando circa l’ansia che il paziente può sperimentare nelle prime sedute. Il problema dell’accettabilità si rifà al nuovo, allo sconosciuto, ad un mondo che l’anziano di oggi non ha sperimentato prima e che potrebbe indurlo a “non credere” nella sperimentazione e nella validità delle nuove tecnologie.

I serious games e la realtà virtuale invece possono integrare gli interventi neuropsicologici esistenti offrendo un contesto più coinvolgente, standardizzato e personalizzato per l’allenamento cognitivo. Nel panorama scientifico si necessita ancora di studi su campioni più ampi e duraturi, di studi longitudinali, che si possano occupare della valutazione del miglioramento della qualità della vita nei pazienti e che indichino delle linee guida più specifiche. Nel complesso, le nuove tecnologie offrono miglioramenti non indifferenti in un campo, come quello della riabilitazione cognitiva, in continua evoluzione.

Dott.ssa Fenia Riggio

 

FONTI

Cangelosi, A. & Di Nuovo, S. (2017). La mente simulata: intelligenza artificiale e robot nella vita quotidiana. Giunti Editore

 

Liu, Y., Tan, W., Chen, C., Liu, C., Yang, C. & Zhang, Y. (2019) A review of the application of virtual reality technology in the diagnosis and treatment of cognitive impairment. Frontiers in Aging Neuroscience, 11:280.

 

Sokolov, A.A., Collignon, A.  & Bieler-Aeschlimann, M.B. (2020). Serious video games and virtual reality for prevention and neurorehabilitation of cognitive decline because of aging and neurodegeneration. Current opinion in neurology, 33 (2), 239-248.

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