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La fibromialgia – approccio nutrizionale

La fibromialgia è una patologia cronica non degenerativa che affligge prevalentemente le donne (prevalenza a livello mondiale tra lo 0,5 e il 2%). L’eziologia è tutt’ora sconosciuta. Si pensa che sia influenzata da fattori genetici e ambientali, anche se, ad oggi, non sono stati individuati geni specifici correlati con la patologia. Questa tesi è supportata dal fatto che spesso la fibromialgia si viene a manifestare in persone che condividono lo stesso ambiente di vita, legate quindi dalle stesse abitudini, dalla stessa alimentazione e, frequentemente, dalla genetica.

I sintomi e la diagnosi

La sintomatologia più comunemente evidenziata comprende fatica cronica, disordini del sonno, rigidità delle articolazioni, depressione, ansia, disordini gastrointestinali e cognitivi.

La fibromialgia è la seconda più comune causa che porta il paziente ad effettuare una visita reumatologica, subito dopo l’osteoartrite.

Ad oggi si ipotizza che i principali meccanismi che determinano la patologia sono, in parte, dovuti ad alterazioni del sistema nervoso centrale che portano ad un abbassamento della soglia del dolore. Un’altra componente importante sembra essere quella dell’infiammazione sistemica di basso grado (low grade systemic inflammation), in cui è presente una componente pro-infiammatoria e una insufficiente capacità anti-ossidante da parte dell’organismo.

La diagnosi viene posta in base ai criteri di Roma III dell’American College of Rheumatology.

Strategie nutrizionali

Al momento non esiste un protocollo terapeutico ben definito dal punto di vista nutrizionale. Sono numerosi gli articoli scientifici a riguardo e diverse sono le diete che sembrano permettere un miglioramento del paziente. Alcuni degli approcci più indagati sono:

dieta low FODMAP’s;

dieta priva di glutine;

-dieta vegetariana;

-dieta raw food;

-dieta priva di glutammato monosodico e aspartame.

Non esiste in letteratura, per ora, un accordo su quale sia il migliore approccio. Tutto ciò è complicato dal fatto che monitorare un intervento nutrizionale non è affatto semplice, soprattutto nel lungo periodo e su un numero abbastanza ampio di partecipanti.

In generale si può assumere che tutte le tipologia di approcci che puntano a ridurre gli stress pro-infiammatori dati dall’alimentazione possono risultare validi. In aggiunta a questo è molto importante considerare che la maggior parte delle persone affette da fibromialgia riporta disordini a livello gastrointestinale. Di conseguenza si può pensare che un’alimentazione che punti a ristabilire l’eubiosi possa essere una strategia vincente. Oltre all’equilibrio tra i microrganismi intestinali sarebbe bene considerare un approccio che possa ristabilire la corretta permeabilità intestinale.

Il nostro intestino, in condizioni di salute, non permette, infatti, alla maggior parte delle molecole di passare al di sotto della mucosa intestinale. Quando, invece, molecole che normalmente non dovrebbero riuscire a passare attraverso le giunzioni strette dell’intestino, riescono a passare al di sotto della mucosa, si parla di una condizione nota come “leaky gut”. Una tale situazione è altamente pro-infiammatoria e comporta tutta una serie di sintomi a carico dell’apparto gastrointestinale.

Perdita di peso

Laddove si sia in presenza di sovrappeso o obesità è bene riportare il peso in una condizione di normopeso (IMC tra 18,5 e 25), monitorando, ovviamente, anche la composizione corporea. Il peso, infatti, è dato da diversi componenti, e prendere in considerazione solo il peso sarebbe un approccio superficiale.

L’infiammazione sistemica presente nella persona afflitta da fibromialgia può essere contrastata efficacemente da una perdita di massa grassa. Il tessuto adiposo, è, infatti, tutt’altro che un tessuto inerme, che può dare “fastidio” solo da un punto di vista estetico. Si concorda ormai sul fatto che un eccesso di tessuto adiposo è una situazione che favorisce un quadro di infiammazione sistemica. Ciò è confermato dal fatto che se la condizione di sovrappeso o obesità è protratta nel tempo si possono sviluppare tutta una serie di patologie metaboliche (ipertensione, dislipidemie, diabete di tipo II,…).

Un tratto comune a molti articoli scientifici che trattano di alimentazione e fibromialgia è che la riduzione del peso comporta un miglioramento della sintomatologia.

Integrazione

Le integrazioni che sembrano avere un effetto migliorativo sui sintomi sono:

-vitamina D;

-vitamina E e C;

-magnesio;

-ferro.

L’integrazione, in caso di patologia, andrebbe sempre concordata col medico e a fronte di una effettiva carenza.

Probiotici

I probiotici, molto probabilmente, riescono a migliorare le condizioni di chi soffre di fibromialgia. Purtroppo, ad oggi, non si sa quale sia la tipologia di probiotici che possa fornire il beneficio maggiore. Gli studi a riguardo si sono limitati ad un utilizzo di probiotici multispecie.

Fin quando non ci saranno evidenze scientifiche a riguardo sarebbe bene considerare sempre il caso individuale e lavorare sui sintomi specifici riportati.

 

FONTI

Nutritional Interventions in the Management of Fibromyalgia Syndrome – Giuditta Pagliai, Ilaria Giangrandi, Monica Dinu, Francesco Sofi and Barbara Colombini  – Nutrients 2020, 12, 2525; doi:10.3390/nu12092525

A study protocol for a randomized controlled trial of an anti-inflammatory nutritional intervention in patients with fibromyalgia – Silva et al. Trials (2021) 22:198 https://doi.org/10.1186/s13063-021-05146-3

Dott.ssa Laura Kerer

Biologa nutrizionista. Si occuperà di divulgare consigli alimentari e nutrizionali per un corretto e sano stile di vita. Info: Potete contattare personalmente la dott.ssa Laura Kerer all'indirizzo di posta elettronica kererlaura@gmail.com o iltuofarmacista.web@gmail.com Potete visitare la pagina Facebook Dott.ssa Laura Kerer - Biologa Nutrizionista

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georg wallner
georg wallner
21 Maggio 2022 12:26

Ottimo articolo!