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IL DISTURBO SPECIFICO DELL’APPRENDIMENTO (DSA)-parte 2

Nell’articolo precedente è stato presentato il disturbo specifico dell’apprendimento (DSA) citandone i criteri diagnostici del DSM-5, chiarendo che la durata del disturbo è permanente quindi per tutto il ciclo di vita in assenza di disturbi del linguaggio, di disabilità intellettiva e di qualsiasi disturbo della sfera neurologica. 

In questa parte approfondiremo l’iter diagnostico da un punto di vista clinico, spiegandone anche la valenza legale ai fini di una certificazione per il riconoscimento del disturbo. 

Chi si occupa della diagnosi di DSA?

L’équipe multidisciplinare per la certificazione di DSA è costituita da «neuropsichiatri infantili, psicologi e logopedisti, eventualmente integrati da altri professionisti sanitari e modulabile a seconda delle fasce di età» (art. 2, c.1, Accordo Stato-Regioni 25/07/2012). La legge 170/10 e l’Accordo Stato-Regioni del 25/07/2012 indicano che la diagnosi e la certificazione dei DSA deve essere effettuata nell’ambito dei trattamenti specialistici già assicurati dal Servizio Sanitario Nazionale, emessa da neuropsichiatri infantili o da psicologi, i quali sono dipendenti pubblici del SSN o iscritti in un apposito elenco dei soggetti abilitati al rilascio della diagnosi di DSA. Per il privato quindi bisogna assicurarsi delle modalità di accreditamento per poter rilasciare tale certificazione. 

L’iter diagnostico e la legge 170/10.

Accade spesso che  ad individuare i soggetti sospetti di DSA siano le insegnanti, le quali  comunicano alla famiglia le difficoltà riscontrate nel bambino. Altre volte, i genitori stessi e i pediatri comprendono la necessità di una valutazione specialistica che confermi o disconfermi la loro ipotesi. 

La Consensus Conference del 2007 ha previsto due fasi di diagnosi. «Nella prima fase si somministrano, insieme alla valutazione del livello intellettivo, quelle prove necessarie per l’accertamento di un disturbo delle abilità comprese nei DSA (decodifica e comprensione in lettura, ortografia e grafia in scrittura, numero e calcolo in aritmetica) ». In questa fase si raccomanda una raccolta anamnestica globale dello sviluppo psico-fisico e dello stato di salute del soggetto che servirà al diagnosta per decidere se procedere alla seconda fase di diagnosi nella quale vengono disposte «indagini cliniche necessarie per la conferma diagnostica mediante l’esclusione della presenza di patologie o anomalie sensoriali, neurologiche, cognitive e di gravi psicopatologie». 

Per completare la diagnosi clinica, è necessario che questa sia anche funzionale per comprendere meglio il profilo del disturbo, le caratteristiche del soggetto e per la sua presa in carico globale, a partire dalla stesura di un progetto riabilitativo.  La diagnosi funzionale interessa la valutazione delle abilità linguistiche, percettive, prassiche, visuomotorie, attentive, mnestiche, dei fattori ambientali e delle condizioni emotive e relazionali. Come già citato nell’articolo precedente, la diagnosi di DSA per difficoltà nelle abilità di lettura e scrittura è effettuabile alla fine della seconda classe delle scuole primarie, mentre per la discalculia è necessario attendere la fine della terza classe. Se, prima della fine della seconda classe, dovessero emergere delle difficoltà in lettura e scrittura (attraverso la somministrazione di prove per le seguenti abilità) sarebbe opportuno cominciare ad «attivare interventi precoci di recupero che coinvolgano la scuola e la famiglia per migliorare non solo la prognosi, ma anche prevenire gli effetti del disturbo sulle variabili psicologiche (emotive, motivazionali, ecc.), riducendo il rischio di psicopatologia associata nonché di abbandono scolastico».

È importante chiarire che qualora si sospettasse un deficit in una sola abilità, saranno comunque indagate le altre abilità e le altre funzioni neuropsicologiche ai fini di un profilo diagnostico completo. 

Per proseguire alla diagnosi, la Consensus Conference del 2007 ha indicato due direttive da seguire: 

1.  Lo strumento scelto deve avere buone proprietà di validità e affidabilità, quindi deve avere norme italiane aggiornate e rappresentative della popolazione a cui il soggetto esaminato appartiene per età e genere. 

2. La seconda richiama alla libertà e responsabilità del clinico stesso nella scelta di tali strumenti. Ne consegue che il clinico che si occupa di apprendimento deve avere delle conoscenze psicometriche di base che gli permettano di fare una scelta critica e responsabile dei test che andrà a somministrare; deve tenersi aggiornato sui nuovi strumenti e lo studio del capitolo sull’analisi dei dati deve diventare una premessa indispensabile al fine del loro impiego nel processo diagnostico. 

La diagnosi clinica può essere riconosciuta per una eventuale certificazione che consenta l’utilizzo di strumenti compensativi e dispensativi nell’ambiente scolastico, universitario e lavorativo. 

Tramite la L. 170/10 si è pervenuti al riconoscimento e alla definizione di dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia con le seguenti finalità:

  • garantire il diritto all’istruzione;
  • favorire il successo scolastico[..], garantire la formazione adeguata e promuovere lo sviluppo delle potenzialità;
  • ridurre i disagi relazionali ed emozionali;
  • adottare forme di verifica e di valutazione adeguate alle necessità formative degli studenti;
  • preparare gli insegnanti e sensibilizzare i genitori nei confronti delle problematiche legate ai DSA;
  • favorire la diagnosi precoce e percorsi didattici riabilitativi;
  • incrementare la comunicazione e la collaborazione tra famiglia, scuola e servizi sanitari durante il percorso di istruzione e di formazione;
  • assicurare eguali opportunità di sviluppo delle capacità in ambito sociale e professionale. 

Abbiamo quindi delineato un quadro completo dell’iter diagnostico che parte dalla individuazione del possibile disturbo, passa da una valutazione specialistica da parte di figure professionali specifiche e con determinate competenze per tale ambito clinico e finisce con il rilascio di una diagnosi da parte di enti pubblici o accreditati. Quest’ultima tappa è necessaria per il riconoscimento del disturbo e per eventuali misure e trattamenti al fine di potenziare le abilità e migliorare la qualità di vita del soggetto. Proprio per questo, è consigliabile affidarsi a “mani esperte” ma soprattutto ad enti e professionisti che ne abbiano l’autorizzazione. Diffidate da privati che erogano valutazioni (la maggior parte delle volte a pagamento e in alcuni casi non di loro competenza) che potrebbero poi non essere riconosciute dalle strutture per il rilascio della diagnosi e della certificazione. 

Sitografia

https://www.miur.gov.it/dsa

https://www.miur.gov.it/disturbi-specifici-dell-apprendimento-dsa-

Dott.ssa Fenia Riggio

Psicologa, Psicoterapeuta in formazione. In ITF ricopre il ruolo di web editor. Inoltre si occupa della realizzazione di articoli di psicologia.

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