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Fermenti lattici e probiotici con assunzione durante i pasti 

Negli ultimi decenni un numero crescente di esperti ha dedicato la propria ricerca allo studio del complesso mondo del microbiota umano, spesso focalizzando l’attenzione sull’habitat corporeo di maggiore interesse: l’intestino. 

Parlando di microbiota intestinale, infatti, ci si riferisce alla ampia e dinamica comunità di microrganismi che alberga nel nostro intestino. Dalla convivenza ottimale tra essi e l’organismo dell’ospite derivano numerosi e fondamentali vantaggi che non solo offrono protezione ma contribuiscono anche a determinare uno stato di “buona salute” lungo tutto il corso della nostra vita. 

Quando nasce il microbiota intestinale? 

Il microbiota di ognuno di noi è unico e specifico e “prende forma” sin dalla nascita. In particolare, già a partire dalle settimane antecedenti il parto, il feto inizia ad ereditare alcuni microrganismi del microbiota materno (ad esempio attraverso la placenta) per poi acquisire una varietà crescente di microbi durante il parto, l’allattamento e i mesi successivi.

Le prime settimane di vita, quindi, rappresentano un momento cruciale in cui fattori come la tipologia di parto (naturale o cesareo) e di alimentazione (allattamento e tempo di svezzamento), il trattamento con antibiotici e l’esposizione a fattori ambientali contribuiscono a modellare la colonizzazione del microbiota gastrointestinale infantile.  

Tale composizione microbica della prima infanzia è fondamentale per una crescita sana poiché coinvolta da subito in numerosi processi biologici riguardanti il metabolismo, lo sviluppo del sistema immunitario e di quello cognitivo. Una alterazione della stessa può diventare, quindi, un punto di partenza per il potenziale sviluppo di disturbi e patologie a breve e a lungo termine, con ripercussioni sulla composizione del microbiota in età adulta.

Un habitat in equilibrio: quali sono i fattori in gioco?

In un contesto di continua evoluzione e modulazione, il corredo di microrganismi acquisito con la nascita instaura con il nostro organismo un rapporto di equilibrio detto eubiosi. È in questa condizione che gran parte delle specie batteriche popolanti l’intestino (principalmente anaerobiche e molte delle quali rintracciabili al livello del colon) svolgono attività di difesa contro l’adesione di patogeni, di differenziazione di linfociti e produzione di immunoglobuline a supporto del sistema immunitario, di digestione di polisaccaridi e sintesi di cofattori enzimatici. 

Tuttavia, si tratta di un equilibrio delicato che può essere turbato da circostanze comuni e ricorrenti: stile di vita stressante, alimentazione sregolata, uso di farmaci (soprattutto antibiotici) e stati transitori di malattia sono solo alcuni dei fattori che conducono ad una condizione di disbiosi. Il disequilibrio che si definisce tra i microbi residenti, difatti, diventa “terreno fertile” per specie batteriche patogene in grado di subentrare alle quote perse di “batteri buoni”. 

Manifestazioni come diarrea, pancia gonfia, stipsi, colite e spossatezza sono classici segnali di un microbiota intestinale in difficoltà che necessita di un supporto strategico e definito non solo da opportune scelte dietetiche ma anche dall’assunzione di integratori o alimenti contenenti probiotici. 

Probiotici e fermenti lattici: caratteristiche e differenze 

Seppur spesso confusi tra loro e usati come sinonimi, i probiotici e i fermenti lattici presentano caratteristiche e capacità differenti di cui è importante tener conto nell’ottica di un ripristino dell’eubiosi.

Nello specifico, secondo la FAO e l’OMS, i probiotici sono quei “micro-organismi vivi che, somministrati in quantità adeguata, apportano un beneficio alla salute dell’ospite”.

Parlare di probiotici, infatti, significa riferirsi a microrganismi non patogeni che, una volta somministrati, sono in grado di resistere all’azione del succo gastrico e della secrezione biliare e di insediarsi nell’intestino. Moltiplicandosi attivamente e aderendo alle cellule epiteliali, i probiotici impediscono la proliferazione di ceppi batterici patogeni ed esercitano la loro attività metabolica.

I fermenti lattici (o batteri lattici), invece, sono batteri in grado di fermentare e digerire il lattosio producendo acido lattico. Generalmente, una volta ingeriti, non sono in grado di sopravvivere al passaggio nello stomaco e di raggiungere il tratto intestinale e questo, in prima analisi, li rende differenti dai probiotici. Alla luce di questo presupposto, le loro eventuali proprietà benefiche non possono essere accertate, ma soprattutto di essi non sono note la composizione, la quantità e il dosaggio.

Al contrario, le specie microbiche utilizzate nella formulazione dei probiotici devono:

  • essere riconosciute come sicure per l’impiego umano (in Europa sono QPS Qualified Presumption of Safety, in US sono Generally Recognized As Safe, GRAS);
  • essere registrate in specifiche banche dati con indicazioni su specie, ceppo ecc.;
  • avere un patrimonio genetico conosciuto (genoma sequenziato);
  • non essere portatrici di antibiotico-resistenze acquisite e/o trasmissibili; 
  • essere attive e vitali a livello intestinale in quantità tale da giustificare gli eventuali effetti benefici,
  • essere in grado di sopravvivere al basso pH dello stomaco, aderire alla mucosa intestinale dove persistere e moltiplicarsi. 

In particolare, i principali batteri  impiegati come probiotici sono lattobacilli, come L. rhamnosusL. acidophilusL. casei, L. reuteri,  bifidobatteri come B. breve, B. lactis e B. bifidum ma anche bacilli come Bacillus clausii e Bacillus coagulans e lieviti come Saccharomyces boulardii.

Come e quando si assumono i probiotici?

I probiotici sono presenti in commercio come integratori alimentari e prodotti farmaceutici da banco formulati in polvere, gocce, compresse e capsule. Il loro utilizzo a scopo preventivo e nei casi di diarrea e malessere risulta, dunque, positivo per il recupero delle normali condizioni fisiologiche.

Le modalità di assunzione devono essere valutatie alla luce di due fattori negativi che influenzano la sopravvivenza dei probiotici nello stomaco: il basso pH gastrico e la presenza di pepsina (enzima digestivo contenuto nel succo gastrico).

Il pH gastrico fisiologico varia da 2,5 a 3,5, ma può diminuire fino a 1,5 o aumentare a 6 dopo l’assunzione di cibo; mentre il tempo di svuotamento gastrico varia notevolmente da individuo a individuo e a seconda del grado di riempimento dello stomaco e del volume dello stesso.

A tal proposito, recenti studi hanno valutato le caratteristiche di protezione di alcune matrici alimentari fermentate (latte, cereali, verdure) su 2 ceppi di L. rhamnosus esposto a quattro diversi succhi gastrici simulati. Dai risultati ottenuti, alcuni di questi cibi si sono dimostrati una preziosa fonte di protezione nei confronti della vitalità dei probiotici, portando nel complesso a considerare la loro assunzione possibilmente associata al consumo di cibo e preferibilmente fino a 30 minuti dopo il pasto. 

Pare che il tipo di alimento con cui il probiotico viene assunto possa influenzarne positivamente la vitalità, in particolare gli alimenti solidi rispetto alle bevande.

Tali simulazioni in vitro del processo digestivo, infatti, offrono un suggerimento preliminare circa la maggiore efficacia dei probiotici se assunti a stomaco pieno, al fine di garantire una migliore sopravvivenza dei probiotici durante il transito e quindi un maggior numero di cellule vive e attive che raggiungono la sede intestinale.

Infine, la durata della loro assunzione può variare da 1 a 2 settimane sulla base dei fattori che hanno causato disbiosi o delle terapie farmacologiche in corso.

Ad ogni modo, per ulteriori indicazioni sull’idonea assunzione dei probiotici, è consigliabile rivolgersi sempre al proprio medico o farmacista di fiducia.

BIBLIOGRAFIA 

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Dott.ssa Anna Flavia Carli

Farmacista di professione, ma con una profonda passione per la divulgazione scientifica.

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